“𝓛’𝓪𝓶𝓸𝓻 𝓬𝓱𝓮 𝓶𝓸𝓿𝓮 𝓲𝓵 𝓼𝓸𝓵𝓮 𝓮 𝓵’𝓪𝓵𝓽𝓻𝓮 𝓼𝓽𝓮𝓵𝓵𝓮”
(𝓟𝓪𝓻𝓪𝓭𝓲𝓼𝓸, 𝓧𝓧𝓧𝓘𝓘𝓘, 𝓿. 145)
Nei post precedenti, abbiamo conosciuto un po’ della vita e della produzione letteraria di Dante, nonché l’architettura dell’Inferno e del Purgatorio. Oggi, per concludere questo percorso, studieremo l’ultima delle tre cantiche della Divina Commedia: Il Paradiso. Vi ricordate che la guida di Dante nel suo viaggio attraverso i nove cerchi dell’Inferno e nell’ascesa al Purgatorio è Virgilio? Dalla settima cornice del Purgatorio in poi, i due poeti verranno affiancati da Stazio (autore classico molto noto ai tempi di Dante), che ha completato il suo cammino di purgazione e si prepara ad ascendere al Paradiso.
Giunti nel Paradiso Terreste, Virgilio saluta Dante e torna nel Limbo. Da questo momento in poi, sarà Beatrice a guidare il poeta attraverso i nove cieli del Paradiso.

Focardi Ruggero (1864-1934), Dante e Beatrice nel Paradiso terrestre
La struttura del Paradiso si basa sul sistema geocentrico di Aristotele e di Claudio Tolomeo, cioè: la Terra si trova al centro dell’universo, nella regione sublunare, e attorno a essa nove sfere concentriche.

Il concetto di sfere concentriche risale al sistema tolemaico, secondo il quale il cielo è fatto a strati, con le stelle e i pianetti fissati su delle sfere simili ad orbite, di diverse grandezze, situate l’una dentro l’altra attorno alla Terra.
Come abbiamo visto, l’Inferno è un luogo ubicato sulla Terra, quindi materiale, tangibile. Il Paradiso, invece, è un mondo immateriale, etereo, contenuto nell’Empireo, diviso in nove cieli: i primi sette prendono il nome dai corpi celesti del sistema solare: (nell’ordine, contando dall’interno verso l’esterno – Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno), gli ultimi due sono costituiti dalla sfera delle stelle fisse e dal Primo mobile (secondo l’astronomia medievale e rinascimentale, è la prima e più esterna delle sfere cosmiche che ruotano attorno alla Terra, in base al modello geocentrico dell’universo).
Nel Paradiso, Dante attraverserà nove cieli: “nel primo, il cielo, trova le anime di coloro che, per violenza altrui, non riuscirono a compiere i voti; nel secondo, il cielo di Mercurio, trova le anime di coloro che usarono il bene per ottenere onore e glorie; nel terzo, il cielo di Venere, coloro che volsero al bene il loro prepotente sentimento di amore; nel quarto, il cielo del Sole, gli spiriti sapienti; nel quinto, il cielo di Marte, gli spiriti di coloro che combatterono per la fede, nel sesto, il cielo di Giove, gli spiriti “giusti e pii”; nel settimo, il cielo di Saturno, gli spiriti contemplanti; nell’ottavo, il cielo delle stelle fisse, Dante viene esaminato da San Pietro, san Jacopo e San Giovanni sulla fede, la speranza e la carità, la speranza e la carità; nel nono, il primo mobile, Dante può avere una prima visione di Dio; infine ascende all’Empireo, dove può contemplare l’intera schiera dei beati, il trionfo di Maria e lo stesso mistero della Divinità.” (Profilo Storico della Letteratura Italiana, Carlo Salinare)

“Gli ultimi versi del “Paradiso”.
Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvermi tre giri
di tre colori e d’una contenenza;
e l’un da l’altro come iri da iri
parea reflesso, e ‘l terzo parea foco
che quinci e quindi igualmente si spiri.
Oh quanto è corto il dire e come fioco
al mio concetto! e questo, a quel ch’i’ vidi,
è tanto, che non basta a dicer “poco”.
O luce etterna che sola in te sidi,
sola t’intendi, e da te intelletta
e intendente te ami e arridi!
Quella circulazion che sì concetta
pareva in te come lume reflesso,
da li occhi miei alquanto circumspetta,
dentro da sé, del suo colore stesso,
mi parve pinta de la nostra effige:
per che ‘l mio viso in lei tutto era messo.
Qual è ‘l geomètra che tutto s’affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond’elli indige,
tal ero io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l’imago al cerchio e come vi s’indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
A l’alta fantasia qui mancò possa;
ma già volgeva ‘l mio disio e ‘l velle,
sì come rota ch’igualmente è mossa,
l’amor che move il sole e l’altre stelle.
da “La Divina Commedia”, “Il Paradiso”, vv. 115-145
Quindi, abbiamo finito il nostro viaggio nell’universo della Divina Commedia, spero che il post vi sia piaciuto; vi consiglio di leggere anche L’architettura dell’Inferno, L’architettura del Purgatorio, 700 anni dalla morte di Dante – il Dantedì
Vi abbraccio!
Claudia V. Lopes
Se il post vi è piaciuto, fatecelo sapere nei commenti!
Bibliografia:
- SALINARE, Carlo. Profilo storico della letteratura italiana, Giunti, 1991.
- Speciale Dante, Rivista ADESSO, marzo – 2021
- FERRONI, Giulio. Profilo storico della letteratura italiana, Einaudi Scuola, 2008.
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