Cari amici e care amiche,
Nel nostro post precedente abbiamo studiato l’importanza della stampa per la diffusione del sapere in Europa, nonché il ruolo fondamentale che ebbe il tipografo italiano Aldo Manuzio per quanto riguarda le invenzioni della virgola, del corsivo tipografico e dei segni di interpunzione. Il nostro viaggio nella storia della lingua italiana continua! Oggi, invece, parleremo di Pietro Bembo e della sua importanza nell’Italia letteraria dell’epoca e della ‘questione della lingua’.

Pietro Bembo (Venezia, 20 maggio 1470 – Roma, 18 gennaio 1547) fu un cardinale, scrittore, grammatico, poeta e umanista italiano. Appartenente a una nobile famiglia veneziana, fin dalla gioventù ebbe la possibilità di costruirsi una solida formazione e reputazione letteraria, non solo grazie ai contatti con l’ambiente paterno ma, soprattutto, all’amicizia con Ludovico Ariosto e alla consulenza editoriale che prestò a Aldo Manuzio. Tuttavia, il suo merito più grande è stato quello di reinventare l’italiano proponendo come modello il fiorentino antico, cioè di Dante, Petrarca e Boccaccio.
L’espressione ‘questione della lingua’ indica una disputa su quale modello linguistico adottare nella Penisola italiana; sorse in campo letterario e ebbe la sua fase più acuta all’inizio del Cinquecento, per poi proseguire con vicende alterne, almeno fino ad Alessandro Manzoni. Tuttavia, la tesi che prevalse fu quella arcaizzante di Pietro Bembo.
Nella veste di consulente editoriale di Aldo Manuzio, Pietro Bembo influenzò molte delle sue scelte sia nel campo grafico (uso dell’apostrofo e dell’accento) sia nel campo editoriale. È importante sottolineare che Bembo è stato il primo ad applicare alla letteratura volgare in fiorentino antico la tecnica filologica (o procedimento filologico) elaborata dagli umanisti. Ma di che cosa si tratta? Questa tecnica consiste nel tentare di risalire, con criteri probabilistici e linguistico-formali, alla forma originaria di un testo.
Prima della diffusione della stampa, i testi venivano copiati, appunto, dai copisti o amanuensi, una figura professionale il cui mestiere era quello di copiare testi manoscritti al servizio di privati o presso gli scriptorium (centro scrittori).
Avete mai provato a copiare una pagina di un libro o un qualsiasi testo? Vi siete accorti che tante volte sbagliamo, mangiando parole o scrivendole in modo erroneo? Questo succedeva anche ai copisti, cioè, commettevano degli errori involontari ma anche volontari (corruttela). Succedeva spesso che avessero la volontà di migliorare o chiarire un testo, e così facendo tramandavano testi non fedeli ai manoscritti originali. Dobbiamo pensare che i testi antichi che sono stati tramandati nella notte dei tempi fino ai giorni nostri sono stati copiati e ricopiati più volte, per cui anche gli errori sono stati tramandati, ed è in questo contesto che entra la tecnica filologica.

Per gli umanisti, il latino classico aveva in Cicerone il suo modello di prosa e in Virgilio il suo modello di poesia. Dunque, anche Bembo applica gli stessi criteri alla letteratura volgare, e il suo ideale linguistico e stilistico proponeva come modelli per l’imitazione le opere di Petrarca e Boccaccio e, in subordine, di Dante; in realtà, le opere di questi autori sarebbero degne delle stesse cure filologiche di cui da tempo quelle di Cicerone e Virgilio, e anche di Omero, erano oggetto. L’idea fondamentale di Bembo era che la lingua da proporre fosse una lingua destinata ai posteri, e quindi non doveva riflettere il parlato corrente, cioè la lingua viva di quel periodo; in poche parole, la lingua che si proiettava nel futuro era letteraria. Forse adesso comincerete ad avere un’idea del perché si dice che l’italiano è una lingua letteraria.

Come abbiamo accennato prima, Pietro Bembo, oltre a essere amico di Aldo Manuzio era anche il suo consulente editoriale, condizione che gli permise di esprimere in pieno le sue scelte linguistiche e stilistiche. Insieme, Bembo e Manuzio realizzarono delle piccole edizioni di classici, in particolare di Dante e Petrarca. E come ci si sarebbe aspettato, questa iniziativa editoriale suscitò molte imitazioni, facendo sì che molti grammatici dell’epoca si dedicassero a restituire la lingua dei testi antichi scritti in volgare fiorentino del trecento, detto anche aureo.
Come possiamo costatare, la linea del Bembo si affermò in modo notevole, motivo per cui l’italiano che parliamo oggi è molto più vicino all’italiano del trecento che non a quello del cinquecento. Difatti, si affermò un italiano arcaizzante, molto più vicino a Boccaccio di quanto non sia a Machiavelli.
Spero che anche l’argomento di oggi vi sia piaciuto. Nel prossimo post parleremo dei criteri adottati dal Bembo nella scelta dei testi di Dante, Petrarca e Boccaccio come modelli di lingua da tramandare.
Arrivederci e buono studio!
Claudia V. Lopes
Bibliografia di base per l’elaborazione dei post (grammatica):
- Cetroni M.R. et alii, Grammaticando. Cercola (Napoli), Loffredo Editore, 1997.
- SABATINI, Francesco, La comunicazione e gli usi della lingua. Bologna, Loescher editore, 1995.
- DARDANO, Maurizio e TRIFONE, Pietro. Parole e Frasi. Bologna, Zanichelli Editore Spa, 1985.
- SERIANI, Luca. Grammatica italiana. Torino, Utet Editore, 1991.
- Dizionario Garzanti, De Mauro e Lo Zingarelli della lingua italiana online
Bibliografia di base per l’elaborazione dei post (letteratura/cultura):
- SALINARE, Carlo. Profilo storico della letteratura italiana, Giunti, 1991.
- FERRONI, Giulio. Profilo storico della letteratura italiana, Einaudi Scuola, 2008.
- L’Italia è cultura – Letteratura. Edilingua.
- Treccani enciclopedia, Sapere.it, Wikipedia
- Materiale del Master in Didattica della Lingua Italiana come lingua seconda/L2 (Ecampus)
Che articolo stupendo e completo su Pietro Bembo. Bravissima!!!
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Grazie! Sarà il tema dell’esame orale del master. Come dice un mio caro amico: io vado cercando sempre delle complessità alla mia vita!
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Ahahah è un classico ma delle persone intelligenti però 😉
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ahahah, può darsi. Comunque, se faccio tante cose contemporaneamente è perché mi sento bene con me stessa, è come un termometro. Un bacione!
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Giusto!!! Ottimo termometro 😉
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Mi appassionava molto la questione della lingua quando studiavo Storia della lingua italiana all’università. È stato un piacere ripassarla con il tuo articolo 🙂 In fondo non abbiamo mai smesso di trattare di questo tema, oggi forse il dibattito si è spostato più sull’influenza dell’inglese o sulla perdita di alcune strutture come il congiuntivo, ma parlare della lingua è sempre qualcosa che accalora…
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Ciao Lorenzo!
Hai ragione, oggi il dibattito si aggira sempre attorno agli anglicismi e alla perdita di alcune strutture del congiuntivo (direi di tante strutture!). Ti dico la verità, ciò che mi appassiona di più riguardo alla lingua italiana è giustamente la sua storia di vita, il suo percorso, il quanto ha dovuto “sgobbare” fino a diventare la lingua nazionale dell’Italia, anche se questo è un argomento assai delicato… magari uno dei prossimi post tratterà proprio di quest’argomento. Mi fa tanto piacere che i miei post ti piacciano, spero (con il mio italiano da straniera) di poter sensibilizzare altri innamorati della lingua italiana riguardo ad aspetti storici importanti come “la questione della lingua”.
Un abbraccio e in bocca al lupo per questa sera!
Claudia
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Bene, leggerò con piacere ulteriori approfondimenti. Hai ragione. l’italiano ha una storia lunga, tormentata e, direi, appassionante. Pochi italiani ne sono consapevoli, oggi sì dà per scontato che sia la lingua nazionale Anche se poi spesso si parla della questione dei dialetti, del loro ruolo, di quando usarli, del fatto che in alcuni casi stiano un po’ sparendo. Insomma, la questione della lingua è sempre attuale 🙂
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