Chi di noi (stranieri e italiani) non ha mai avuto dubbi riguardo alla corretta grafia di alcune parole ed espressioni? La classica domanda “si scrive unita o separata?” può suscitare un malessere e uno sconforto generalizzato (o panico), soprattutto se ci troviamo nel bel mezzo di un esame di lingua italiana, senza poter consultare un buon vocabolario.
Normalmente, sono dubbi che riguardano la scrittura unita o separata di congiunzioni, avverbi, locuzioni avverbiali e preposizionali. Quindi cerchiamo di riflettere su alcuni punti che ci aiuteranno a non sbagliare più d’ora in avanti.
Per incominciare, ho scelto alcune espressioni che devono essere scritte SEMPRE separate. Siete pronti?
1) a fianco (locuzione preposizionale) :
A fianco a Luca c’è un libro.
Attenzione - Non confondete con "affianco", che è la prima persona singolare del verbo affiancare:
Anna ha affiancato la sua migliore amica in un momento assai difficile.
2) a meno che (congiunzione eccettuativa):
Non la aiuterò mai, a meno che non me lo chieda.
3) a posto (locuzione preposizionale):
Bambini, quando finite di giocare, mettete la stanzetta a posto!
Attenzione - Non confondete con "apposto", che è il participio passato del verbo "apporre", il cui significato è "porre accanto, sopra o sotto (anche + a, su):
Hai apposto la firma sul contratto?
4) a proposito (locuzione preposizionale):
A proposito di lavoro, vorrei farti una bella proposta per il prossimo anno.
5) al di là, con grafia separata, si usa con valore di locuzione avverbiale o preposizionale:
Al di là del bene e del male.
Attenzione - aldilà, con grafia unita, si usa in funzione di sostantivo maschile, con valore di oltretomba, vita dopo la morte:
Tu credi nell'aldilà?
Arrivederci e buono studio!
Claudia V. Lopes
Se il post vi è piaciuto, fatecelo sapere nei commenti e con il “mi piace”.
Oggi vi propongo degli esercizi molto semplici che riguardano la costruzione “mi piace e mi piacciono“, per cui vi chiederei di leggere il post precedente prima di farli. Buon lavoro!
P.S.: Le risposte si trovano alla fine del post.
1) Completate le frasi con i pronomi personali indiretti atoni e con la costruzione “mi piace e mi piacciono“, al presente e al passato prossimo, secondo il caso. Fate attenzione alla concordanza di genere e numero!
a) Sono andata a visitare i Musei Vaticani e _____ ______ _________ molto.
b) _____ _________ tantissimo andare a ballare (lui – indicativo presente).
c) Sei andata al cinema? Il film ____ ____ _______________?
d) Questo libro lo regalo ad Anna, so che _____ ________ tantissimo leggere.
e) ______ ________ mangiare il pesce (voi)?
2) Riscrivete le frasi sostituendo i pronomi personali indiretti atoni con quelli tonici:
mi piacciono i libri - a me piacciono i libri.
a) Gli è piaciuta la cena (loro).
_________________________
b) Mi piace da morire Francesco!
_______________________
c) Vi piace studiare l’italiano.
_________________________
d) Ci sono piaciute le vacanze a Lisbona.
_________________________
e) Gli piace andare al cinema (lui).
_________________________
3) Riscrivete le frasi sotto indicate al passato prossimo:
a) Il concerto mi piace.
_________________________________________.
b) Il dolce le piace.
_________________________________________.
c) La casa piace a loro.
_________________________________________.
d) Il film vi piace?
_________________________________________.
Riposte:1)
a) mi sono piaciuti; b) gli piace; c) ti è piaciuto; d) le piace; e) vi piace.
2)
a) A loro è piaciuta la cena; b) Francesco piace a me da morire; c) A voi piace studiare l'italiano; d) A noi sono piaciute vacanze a Lisbona; e) A lui piace andare al cinema.
3)
a) Il concerto mi è piaciuto; b) Il dolce le è piaciuto; c) La casa è piaciuta a loro; d) Il film vi è piaciuto?
Arrivederci e buono studio!
Claudia V. Lopes
Se vi è piaciuto il post, fatecelo sapere nei commenti!
Mi sono resa conto, dai vostri commenti, che molti di voi hanno problemi con la costruzione “mi piace/mi piacciono“, e vi devo confessare che anch’io ne avevo tanti all’inizio dei miei studi di italiano. A mio vedere, avete soltanto bisogno di riflettere su alcuni punti e, naturalmente, di un po’ di pratica e il gioco e fatto!
Vorrei sottolineare che le costruzioni in questione sono molto simili a quelle spagnola (me gusta e me gustan) e a quelle portoghesi (me apetece/apetece-me e me apetecem/apetecem-me; me agrada/agrada-me, me agradam/agradam-me).
Quindi usiamo la suddetta costruzione per esprimere gusti o preferenze, e il verbo, in questo caso, è piacere (mi piace/mi piacciono + complemento): ciò che piace (o non piace) costituisce il soggettodel verbo, la persona alla quale piace (o non piace) qualcuno o qualcosa viene espressa da un pronome personale indiretto,che può essere atono o tonico:
La musica classica mi piace/piace a me.
la musica classica è il soggetto + mi piace/piace a me, in cui mi o a me è il complemento di termine del verbo piacere.
Pronomi pers. indiretti atoni
Pronomi pers. indiretti tonici
mi
a me
ti
a te
gli – le
a lui – a lei
ci
a noi
vi
a voi
gli/*loro
(a) loro
Per rendere più facile il nostro ragionamento, ho creato delle frasi, va bene? Ma tenetevi a mente che i pronomi personali indiretti rispondono SEMPRE alla domanda “a chi?” e la risposta sarà il “complemento di termine“:
– Alla mamma piace molto camminare.
A chi piace camminare?
– A Francesca piace giocare con le bambole?
– Sì, le piace tantissimo!
A chi piace giocare con le bambole?
– Signor Rossi, Le piace vivere da solo?
– No, non mi piace.
A chi non piace vivere da solo?
– A Carlo e Anna piacciono le ferie in montagna.
A chi piacciono le ferie in montagna?
– Ti piace il caffè?/A te piace il caffè?
– Non mi piace il caffè. / A me non piace il caffè.
A chi non piace il caffè?
– Cosa ti piace fare durante il fine settimana?
– Mi piace leggere/a me piace leggere.
A chi piace leggere durante il fine settimana?
– Vi piace la macedonia?/A voi piace la macedonia?
– Sì, ci piace/piace a noi.
A chi piace la macedonia?
– Alle ragazze piace ballare? – Sì, a loro piace ballare.
A chi piace ballare?
Fate attenzione!
– “il pesce mi piace” (indicativo presente) – “il pesce mi è piaciuto” (passato prossimo): quindi nei tempi composti dovete usare l’ausiliare ESSERE!
– Se la cosa che vi piace è femminile, dovete fare la concordanza al femminile, se adoperate i tempi composti: “le riviste le saranno piaciute?“, “le riviste le sono piaciute?“. Dovete fare lo stesso se la cosa che vi piace o piace a qualcun altro è maschile, singolare o plurale “il pesce e la carne mi piacciono” – “il pesce e la carne mi sono piaciuti“.
Nella prima puntata sulla particella “ne“, abbiamo studiato tre tipi di usi possibili di questo vero jolly della lingua italiana, cioè: ne avverbiale, ne pronominale e ne partitivo. Nel post di oggi, vedremo alcuni verbi intransitivi che incorporano la particella ne, come andarsene, tornarsene, starsene e venirsene, in cui “ne” NON ha significato proprio, è SOLTANTO UN RAFFORZATIVO!
Sono chiamati pronominali, in questo caso specifico, quei verbiintransitivi o transitivi (di questi ultimi ce ne occuperemo nel prossimo post), che utilizzano le particelle pronominali mi, ti, si, ci, vi – come nei verbi riflessivi ma NON SONO RIFLESSIVI – e che vengono, naturalmente, adoperati con l’ausiliare ESSERE nei tempi composti. Sicuramente, vi siete già accorti che non è semplice spiegare i molteplici usi della particella ne, per cui abbiamo deciso di fare piccoli “puntate”; piano piano, imparerete ad usarla in modo naturale, senza pensare o domandarvi perché essa si sia intrufolata in determinati verbi!
Adesso fate attenzione agli esempi a alle tabelle con la coniugazione al presente e al passato prossimo (indicativo):
a) andarsene
– Perché non rimani a pranzare con noi? – Preferisco andarmene, ho tanto lavoro da sbrigare.
– Dove sono i ragazzi? – Se ne sono andati ormai.
Presente
Passato prossimo
io me ne vado
io me ne sono andato/a
tu te ne vai
tu te ne sei andato/a
lui/lei se ne va
lui/lei se n’è andato/a
noi ce ne andiamo
noi ce ne siamo andati/e
voi ve ne andate
voi ve ne siete andati/e
loro se ne vanno
loro se ne sono andati/e
b) tornarsene
– Sei andata in discoteca ieri sera? – Sì, ma me ne sono tornata a mezzanotte.
– Andate alla festa di compleanno di Sara stasera? – Sì, ma ce ne torneremo presto.
Presente
Passato prossimo
io me ne torno
io me ne sono tornato/a
tu te ne torni
tu te ne sei tornato/a
lui/lei se ne torna
lui/lei se n’è tornato/a
noi ce ne torniamo
noi ce ne siamo tornati/e
voi ve ne tornate
voi ve ne siete tornati/e
loro se ne tornano
loro se ne sono tornati/e
c) venirsene
– Siete rimasti poco tempo alla festa ieri. – Ce ne siamo venuti a casa verso le 9, poiché eravamo assai stanchi.
– Se ne veniva bel bello per la strada.
Presente
Passato prossimo
io me ne vengo
io me ne sono venuto/a
tu te ne vieni
tu te ne sei venuto/a
lui/lei se ne viene
lui/lei se n’è venuto/a
noi ce ne veniamo
noi ce ne siamo venuti/e
voi ve ne venite
voi ve ne siete venuti/e
loro se ne vengono
loro se ne sono venuti/e
d) starsene
– Non vuoi uscire con noi stasera? – No, me ne sto qui tutta sola a casa.
– Alcuni studiosi dicono che fa bene starsene da soli.
Il post di oggi è un po’ diverso dal solito, poiché parlerò dei motivi che mi hanno spinto a studiare la lingua italiana (e grazie a chi), anche se – come tanti di voi – non sono discendente d’italiani. Perché vi scrivo queste parole? Stamattina, mentre cercavo dei video musicali per i nuovi post, mi si sono trovata davanti a un video di un cantautore molto speciale per me – ormai passato a miglior vita – chiamato Renato Russo, che fu, per così dire, il responsabile della mia scelta di studiare la lingua italiana, nel lontano 1995.
Renato Russo– nome artistico di Renato Manfredini Júnior (Rio de Janeiro, 27 marzo 1960 – Rio de Janeiro, 11 ottobre 1996) fu un cantautore, musicista, compositore brasiliano, fondatore e leader della banda “Legião Urbana”, sciolta subito dopo la sua morte. Lui fu l’idolo della mia generazione, un cantante che ci stava veramente a cuore, un poeta che trasformava tutti i nostri sogni, le nostre paure e i problemi sociali dell’epoca in poesia cantata. La sua discografia vastissima fu influenzata da band come The Rolling Stones, The Beatles e cantanti come John Lennon, Robert Smith, e molti altri.
Nel 1995, Renato incise, con la sua band, un cd di canzoni italiane famose chiamato “Equilibrio distante” che vendette più di 1 milione di copie in pochi mesi. Non c’è bisogno di dire che lo comprai subito e, sinceramente, non so come non lo perforai: lo sentivo almeno tre volte al giorno! Le canzoni erano bellissime e la sua interpretazione perfetta, e più lo ascoltavo più m’innamoravo della lingua italiana, della sua sonorità, della sua cadenza. Renato fece una cosa speciale poiché, non conoscendo la lingua italiana – nonostante fosse discendente -, dovette impararla foneticamente, e il risultato fu davvero incredibile: il modo come capiva le emozioni di quello che cantava era completo e profondo, grazie, sicuramente, al periodo che passò in Italia a scegliere il repertorio per il CD e a scoprire la cultura italiana in loco. Io credo che le emozioni presenti nelle parole di queste canzoni e nell’interpretazione di Renato siano le stesse che sentiamo tutti noi, che dedichiamo la nostra vita e la nostra anima a imparare questa dolce lingua.
L’album Equilibrio distante include brani tali come Dolcissima Maria della Band progressiva PremiataForneria Marconi, Strani amori e LaSolitudine, di Laura Pausini, quando lei non era ancora conosciuta in Brasile, oltre la versione di “Como uma onda” (Come fa un’onda), di Lulu Santos e Nelson Motta e tanti altri.
(Copertina del CD)
Pochi mesi dopo, m’iscrissi all’università di lettere/lingue portoghese-italiano – in Brasile studiamo la nostra lingua e un’altra straniera per quattro anni. La scelta sembrava incosciente, ma sicuramente una parte di me ormai era stata sedotta dalla lingua di Dante e di tanti altri scrittori e poeti che ho avuto modo di conoscere durante gli anni dell’università e anche dopo, perché non ho mai smesso di studiare l’italiano!
E mentre scrivo questo post, penso a tutti voi che mi state leggendo adesso, penso ai vostri commenti, alla vostra ansia di imparare bene la lingua italiana e perché mai avete deciso di studiarla. Penso anche a me stessa ai primi anni di università, quando ancora ero alle prese con le sue regole sintattiche, fonetiche e grammaticali. Qualcuno di voi mi ha chiesto, in questi giorni, come si fa a diventare un bravo insegnate d’italiano. Che cosa potrei dirvi? Prima di tutto ci vuole tanta passione, ma anche tanta dedizione e impegno; dobbiamo essere coscienti che non si finisce mai di imparare e che non saremo mai così bravi da non sbagliare: ci vuole umiltà.
Ho scelto per voi una delle canzoni più conosciute che fa parte del cd Equilibrio Distante, chiamata Strani amori, che sicuramente avrete già sentito. Buon ascolto!
Strani amori
Mi dispiace devo andare via
Ma sapevo che era una bugia
Quanto tempo perso dietro a lui
Che promette poi non cambia mai
Strani amori mettono nei guai
Ma in realtà siamo noi
E lo aspetti ad un telefono
Litigando che sia libero
Con il cuore nello stomaco
Un gomitolo nell’angolo
Lì da sola dentro un brivido
Ma perché lui non c’è, e sono
Strani amori che fanno crescere
E sorridere tra le lacrime
Quante pagine, lì da scrivere
Sogni e lividi da dividere
Sono amori che spesso a quest’età
Si confondono dentro a quest’anima
Che s’interroga senza decidere
Se è un amore che fa per noi
E quante notti perse a piangere
Rileggendo quelle lettere
Che non riesci più a buttare via
Dal labirinto della nostalgia
Grandi amori che finiscono
Ma perché restano, nel cuore
Strani amori che vanno e vengono
Nei pensieri che li nascondono
Storie vere che ci appartengono
Ma si lasciano come noi
Strani amori fragili
Prigionieri liberi
Strani amori mettono nei guai
Ma in realtà siamo noi
Strani amori fragili
Prigionieri liberi
Strani amori che non sanno vivere
E si perdono dentro noi
Mi dispiace devo andare via
Questa volta l’ho promesso a me
Perché ho voglia di un amore vero
Senza te
Grazie di aver letto queste parole, mi auguro di cuore che non desistiate mai di imparare questa meravigliosa lingua (o altre), nonostante tutte le difficoltà. Non ve la prendete con i vostri sbagli e non cercate la perfezione, poiché, nella vita, come ho detto prima, non si finisce mai d’imparare. Infatti, Socrate – filoso grego antico, il più grande esponente della tradizione filosofica occidentale -, sostenne per tutti gli anni della sua vita che sapeva “solo una cosa: di non sapere niente“.
Oggi parleremo di una pasta alimentare tipica dell’Emilia-Romagna e zone limitrofe: il tortellino [diminutivo di tortello] -, usato solitamente al plurale, cioè tortellini.
I tortellini sono piccoli fagottini all’uovo farciti, che hanno l’aspetto di un minuscolo cappello medievale, molto simile, per la forma, ai cappelletti ma diversi per quanto riguarda il ripieno. Per ottenere questa forma speciale, è necessario tagliare la pasta sfoglia (o sfogliata) molto sottile, in quadratini di circa 2,5 cm di lato, anche se, in altre regioni, essa possa essere tagliata in tondo.
Al centro dei quadratini dobbiamo mettere il ripieno fatto d’ingredienti vari secondo la località (carne, ricotta, prosciutto, bresaola ecc.), poi piegare la pasta a triangolo, arrotondandola in modo che le due estremità coincidano.
Anche se possiamo trovare la pasta sfoglia in qualsiasi supermercato, ci sono ancora tante persone che preferiscono farla a casa, tirandola con il mattarello, dalla quale si possono ricavare anche le tagliatelle, i tagliolini, la lasagna, i ravioli, ecc.
I tortellini vanno prevalentemente consumati in brodo, ma sovente vanno serviti anche asciutti (con il ragù, con il burro, con il pomodoro) o in pasticcio.
Ecco come prepare i tortellini bolognesi!
Buon appetito!
Claudia Valeria Lopes
Se vi è piaciuto il post, fatecelo sapere nei commenti!
Ciao ragazzi! Il nostro post di oggi tratta degli avverbi adesso e ormai (oramai), ambedue usati in situazioni molto distinte e specifiche, anche se possiamo usare l’uno al posto dell’altro. Infatti, a volte, stabiliscono un rapporto sinonimico quasi perfetto.
Per scrivere questo post, ho dovuto fare una piccola ricerca su alcuni vocabolari, esattamente come ho fatto quando ho scritto il post su magarie forse, per la semplice ragione che ho imparato a usarli in loco, cioè, vivendo in Italia. Magari vi state chiedendo se è necessario andare in Italia per imparare certe sfumature e strutture della lingua italiana, non è vero? Ed è giusto! Ogni scusa è valida per fare un bel viaggetto in Italia. Tuttavia, potete benissimo imparare a usarli leggendo molto, vedendo tanti film italiani, parlando in italiano, ascoltando la radio, ecc.
Pertanto, ho creato una serie di esempi in cui compaiono sia ormai sia adesso, ora in contesti diversi ora in contesti in cui possiamo usare l’uno o l’altro.
Ascoltate l’audio!
ADESSO (avv.)
Adesso deriva dal latino ăd ĭpsu(m) (tĕmpus) – al momento stesso, cioè nel momento in cui si parla.
A) in questo momento, al presente, ora:
– Che cosa devi fare adesso?
– (Adesso) devo andare in palestra.
– Quale libro stai leggendo adesso?
– (Adesso) sto leggendo l’ultimo libro di Umberto eco.
– Dove sta lavorando Anna?
– Adesso sta lavorando in un ospedale.
– E adesso cosa facciamo?
– (Che) cosa vuoi che facciamo? Andiamo avanti lo stesso!
– Senti, adesso stai proprio esagerando!
– Scusami, ero un po’ nervosa.
B) poca fa, or ora:
– Vuoi mangiare qualcosa?
– No, ho mangiato proprio adesso, grazie.
– Da dove arrivi?
– Arrivo adesso da Roma.
C) fra poco:
– Dov’è Carla?
– Dovrebbe arrivare adesso.
ORMAI (ORAMAI) (avv.)
Composto di ora e mai, indica un evento giunto a maturazione.
A) adesso, a questo punto, allo stato attuale:
– E adesso che cosa facciamo?
– Ormai (adesso) non c’è più niente da fare.
– Non so veramente che cosa devo fare.
– Ormai (adesso) è tempo di decidere.
– Dove vai conciata così?
– Vado a fare una passeggiata.
– Non te ne accorgi che questo colore ormai (adesso) non è più di moda!
B) per sottolineare l’inevitabilità o l’irrimediabilità di una situazione, di un fatto:
– Perché non t’iscrivi a un corso universitario?
– Ormai troppi anni sono passati, non ho più l’età.
C) per sottolineare una quantità di tempo trascorso:
– Da quanto tempo non vedi Andrea?
– Sono ormai due anni che non lo vedo.
D) allora, a quel punto (riferito al passato o al futuro):
– Antonio, sei riuscito a salutare la tua amica prima che lei partisse?
– No, purtroppo quando sono arrivato, era ormai partita.
– Caro amore mio, quando leggerai questo messaggio, ormai sarò partita.
E) finalmente, infine, per indicare il compiersi di un desiderio o la risoluzione di una situazione positiva:
– Mancano ormai (finalmente) tre giorni alle vacanze!
– Ormai (finalmente) Federica si è laureata!
Oggi vi proponiamo un esercizio di ascolto molto semplice e piacevole: abbiamo cancellato alcune parole del testo della canzone “Se adesso ne te vai”, interpretata dal cantautore, musicista e attore italiano Massimo Di Cataldo (Roma, 25 aprile 1968). Vi consigliamo di sentirla almeno due volte prima di cominciare a scrivere le palore mancanti, va bene? Alla fine, quando sarete sicuri di quello che avete scritto, potete guardare le parole originali clicando qui.
Fateci sapere nei commenti se vi siete trovati bene con questo tipo di attività e se ne volete altre. Buon lavoro!
Se adesso te ne vai
(Massimo di Cataldo, Bruno Incarnato)
Guardami ______ occhi, ora sto per dirti ___
Non _______ paura di restare senza ___
Se adesso te ___ vai non me ___ frega niente
_______ è un altro _____ ricomincerò
E non avrò _____ quando parlerò ___ noi
________ il dolore come non ho _____ mai
Ma _____ mi dire _____che ti dovrei _____
Perdonami ma io non ti _________
Se adesso te _____ vai e fai crollare il mondo ____di me
Adesso te _____vai ed io non _____più
Lo so ____ abituerò a camminare _____ averti accanto
Non è ______ per te che lo _______ già
L’ultima _______ e poi tutto cambierà
E ____ qualcuno aspetta per _______ via di qua
Spero _______ che stavolta ____ per sempre
Ma quanto male fa ______ dire che
Se adesso te _____ vai, non ci sarà più ______dentro me
Ti giuro _____ in poi non so _____ chi sei
Trascina via _____ te le tue ________ e la tua ipocrisia
Ma il male che _____ fai non puoi portarlo via
Diventerà uno _____ con il quale mi _______ da te
E adesso _____ forte quella porta ____ da me…
E _______ il giorno che ci ha ______
E questo che ti vede andare via, non mi rimane che un saluto
_________ la testa e così ____ …
Se adesso te ____ vai e _____ crollare tutto ____ di me
Ti _____ d’ora in poi non ____ più chi sei
Se adesso te ne vai ti _____ solo non voltarti ____
_______ non ci sarò se un giorno tornerai…
Guardami negli ______, ora sto per dirti _____
____ tu mi lasci io _____ senza te…
Le parole complete
Se adesso te ne vai
Guardami negli occhi, ora sto per dirti che
Non avrò paura di restare senza te
Se adesso te ne vai non me ne frega niente
Domani è un altro giorno ricomincerò
E non avrò rancore quando parlerò di noi
Nasconderò il dolore come non ho fatto mai
Ma non mi dire adesso che ti dovrei capire
Perdonami ma io non ti perdonerò
Se adesso te ne vai e fai crollare il mondo su di me
Adesso te ne vai ed io non vivo più
Lo so mi abituerò a camminare senza averti accanto
Non è così per te che lo sapevi già
L’ultima valigia e poi tutto cambierà
E già qualcuno aspetta per portarti via di qua
Spero soltanto che stavolta sia per sempre
Ma quanto male fa doverti dire che
Se adesso te ne vai, non ci sarà più posto dentro me
Ti giuro d’ora in poi non so più chi sei
Trascina via con te le tue incertezze e la tua ipocrisia
Ma il male che mi fai non puoi portarlo via
Diventerà un scudo con il quale mi difenderò da te
E adesso sbatti forte quella porta via da me…
E maledico il giorno che ci ha unito
E questo che ti vede andare via, non mi rimane che un saluto
Abbasserò la testa e così sia…
Se adesso te ne vai e fai crollare tutto su di me
Ti giuro d’ora in poi non so più chi sei
Se adesso te ne vai ti chiedo solo non voltarti mai
Nel nostro post di oggi, parleremo del vocabolo “musica” – che deriva dal latino musĭca(m) ărte(m) e dal greco mousikḗ(téchnē), cioè “arte delle muse” -, ma anche di alcune locuzioni ed espressioni in cui esso viene usato.
Il professionista che si dedica alla musica viene chiamato “musicista“, quindi deve “studiare la musica” per imparare a combinare insieme i suoni, secondo determinate regole, leggi e convenzioni. Alcuni diventeranno maestri o professori di musica e saranno in grado di “musicare” o “mettere in musica” un testo poetico (le parole di una canzone) destinato a essere cantato. La persona che compone un testo poetico che sarà musicato si chiama “paroliere“, il quale può lavorare in copia con un “compositore“, che compone, appunto, la melodia per le canzoni.
(crediti immagini – Il corriere musicale)
Il vocabolo “musica” può denominare ogni opera composta per mezzo di suoni, ma anche lo stile, la produzione musicale di un’epoca, un paese, un autore. Quindi quali sono le locuzioni ed espressioni in cui lo possiamo usare? Vediamone alcune:
ascoltare (la) musica
musica lenta, veloce, allegra
un pezzo musicale
musica per pianoforte, per organo, per archi
musica antica, medievale, barocca, romantica, moderna
musica popolare
musica africana, orientale
musica vocale, strumentale
musica da camera, sinfonica, lirica
musica da concerto, da scena.
Dall’altra parte, il vocabolo “musica” può anche essere usato in senso figurato e letterario per far riferimento, per esempio, alla musica del mare, del vento. Lo troviamo anche tra le tante espressioni italiane per indicare una cosa monotona, noiosa, che si protrae troppo a lungo:
– Che ne dici, compriamo una macchina nuova? –È sempre la solita musica! Ma credi veramente che ne abbiamo bisogno? – Va bene, cambierò musica! Come non detto…
Ciao a tutti! Dopo le due puntate sulla particella “ci”, credo che sia il momento di presentarvi la particella “ne”, anche se tanti di voi già la conoscono. So che tratteremo di uno dei punti più complessi della grammatica (insieme a ci) secondo la maggior parte degli stranieri che studia, appunto, la lingua italiana. Tuttavia non è così difficile come può sembrare, basta fare un po’ di attenzione e, soprattutto, capire che tutte le cariche ricoperte da “ne” sono strettamente collegate alle preposizioni rette dai verbi e nomi/sostantivi, come vedremo in seguito.
Adesso vediamo insieme alcuni ruoli della particella “ne”, quindi molta attenzione agli esempi e alle preposizioni rette da ogni singolo verbo e nome:
1) “ne” avverbiale, con verbi di moto da luogo – da lì, da qui:
– È andata all’università e ne è (n‘è) uscita dopo la lezione d’italiano.
è uscita da lì = ne è (n’è) uscita
– Non ti voglio sentire più. Vattene!
vai via da qui – vattene
PS.: si può anche dire “vai via di qui“
P.S: Approfondiremo questo uso specifico della particella “ne” alla seconda puntata, quando tratteremo dei verbi pronominali retti da due clitici tali: andarsene, intendersela, prendersela, ecc.
2) “ne” con valore pronominale (sostituisce un nome/un sostantivo) – di ciò, di questo, di quello:
– Compriamo una macchina più grande?
– Non ne vedo la necessità.
non vedo la necessitàdi comprare un macchina più grande – non vedo la necessità di ciò/di questa cosa – non ne vedo la necessità
– Hai già parlato con qualcuno del trasferimento?
– No, ne parlerò domani ai colleghi dell’ufficio.
– Ne sei sicuro?
– Sì, certo. *Gliene parlerò domani mattina.
parlerò con i colleghi del trasferimento – parlerò di ciò/di questo con i colleghi – ne parlerò con i colleghi
* In questo caso, possiamo anche accoppiare la particella “ne” al pronome indiretto di terza persona plurale “gli” che sostituisce “ai colleghi”: gliene parlerò.
– Carla, ti ho comprato un bel libro di ricette medievali.
– Grazie, ma non saprei cosa farmene. Non mi piace cucinare…
non saprei cosa farmidel libro di ricette medievali – non saprei cosa farmene
mi + ne = me ne
– Secondo me, dovresti andare a Parigi in macchina. Tu che ne pensi?
che pensi di questa cosa/di ciò
– Lui e partito soltanto da una settimana e ne sento già la mancanza.
sentire la mancanza di qualcuno/qualcosa
– Hai comprato il pane?
– Oh, me ne sono dimenticato?
mi sono dimenticatodi comprare il pane – me ne sono dimenticato
3) La particella “ne” è usata assai di frequente con valore di genitivo partitivo, cioè per indicare una parte:
– Ti piacciono questi dolcetti che ho preparato per te?
– Certo! Ne vorrei due, posso?
– Te ne do anche quattro!
di questi dolcetti io vorrei due – ne vorrei due
– Scusami, ma bevi tutto quella grappa?
– No, ne bevo soltanto un bicchierino, mica sono un ubriacone!
bevo soltanto un bicchierino della grappa – ne bevo soltanto un bicchierino
– Hai mai letto qualche libro di Italo Calvino?
– Sì, ne ho letti quattro.
ho letto quattro libri di Italo Calvino – ne ho letti quattro
– Avete letto tutte le riviste?
– No, ne abbiamo lette due.
abbiamo letto 2 riviste – ne abbiamo lette due
– Conoscevi tutti gli invitati alla festa di Anna?
– No, non ne conoscevo nessuno.
non conoscevo nessuno degli invitati – non ne conoscevo nessuno
Siamo arrivati alla fine della nostra prima puntata, spero che abbiate capito che per usare bene la particella “ne” è necessario fare molta attenzione alle preposizioni richieste dai verbi e ai rapporti tra un nome/sostantivo e i termini da esso retti. Se vi dico, per esempio, “ho parlato…”, mi chiederete, sicuramente, “hai parlato di chi, con chi, ecc.?”, poiché l’informazione che il verbo dovrebbe darci rimane incompiuta. Quali delle due particelle dovremmo usare in questo caso? D’altra parte, se vi dico “ho bisogno…”, mi chiederete, senza dubbio, “di che cosa hai bisogno?”. Quindi, riflettete un po’ su tutto ciò che abbiamo visto in questo post, va bene? Ci ritroviamo alla seconda puntata.
Arrivederci e buono studio!
Se vi è piaciuto il post, fatecelo sapere nei commenti!