Leggete tutti post su Dante e sulla Divina Commedia

Ciao a tutti!

Per occasione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, vi propongo quattro post a lui dedicati. Vi consiglio di leggerli per conoscere un po’ della vita e dell’opera del sommo poeta.

Buona lettura!

Claudia V. Lopes

Per occasione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, ho scritto quattro post a lui dedicati. Quindi, vi consiglio di leggerli per conoscere un po' della vita e dell'opera del sommo poeta.

B1 Cittadinanza e Certificazioni della Lingua Italiana: CILS, CELI e ALTRI CERTIFICATI!

Ti stai preparando per il B1 cittadinanza o per l’esame delle certificazioni della lingua italiana: CILS, CELI & altri Certificati? Magari hai appena iniziato a studiare la lingua italiana e vorresti approfondire di più lo studio dei verbi. Quindi, 𝗟𝗼 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗶 𝘃𝗲𝗿𝗯𝗶 𝗶𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮𝗻𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗲𝗻𝘁𝗶 𝘀𝘁𝗿𝗮𝗻𝗶𝗲𝗿𝗶 fa proprio per te!

✔️𝗟𝗶𝗯𝗿𝗼 𝗱𝗶 𝘃𝗲𝗿𝗯𝗶 𝘀𝘁𝗿𝘂𝘁𝘁𝘂𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗱𝗶𝗻𝗮𝗺𝗶𝗰𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗿𝗶𝘂𝗻𝗶𝘀𝗰𝗲 𝘀𝗶𝗮 𝗹𝗮 𝘁𝗲𝗼𝗿𝗶𝗮 𝘀𝗶𝗮 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗮𝘁𝗶𝗰𝗮, 𝗻𝗼𝗻𝗰𝗵é 𝗹𝗲 𝗽𝗶ù 𝘀𝗶𝗴𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝘁𝗶𝘃𝗲 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗶𝗰𝗼𝗹𝘁à 𝗰𝗵𝗲 𝘂𝗻𝗼 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘀𝘁𝗿𝗮𝗻𝗶𝗲𝗿𝗼 𝗮𝗳𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗮 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗶𝗻𝗰𝗶𝗮 𝗮 𝘀𝘁𝘂𝗱𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗹𝗶𝗻𝗴𝘂𝗮 𝗶𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮𝗻𝗮, 𝗽𝗲𝗿 𝗲𝘀𝗲𝗺𝗽𝗶𝗼:
1) 𝙘’è 𝙚 𝙘𝙞 𝙨𝙤𝙣𝙤
2) 𝙢𝙞 𝙥𝙞𝙖𝙘𝙚 𝙚 𝙢𝙞 𝙥𝙞𝙖𝙘𝙘𝙞𝙤𝙣𝙤
3) 𝙡𝙖 𝙘𝙤𝙣𝙞𝙪𝙜𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙣𝙚𝙞 𝙩𝙚𝙢𝙥𝙞 𝙘𝙤𝙢𝙥𝙤𝙨𝙩𝙞, 𝙘𝙤𝙣 𝙡’𝙖𝙪𝙨𝙞𝙡𝙞𝙖𝙧𝙚 𝙀𝙎𝙎𝙀𝙍𝙀 𝙚 𝘼𝙑𝙀𝙍𝙀, 𝙞𝙣 𝙥𝙧𝙚𝙨𝙚𝙣𝙯𝙖 𝙙𝙚𝙞 𝙫𝙚𝙧𝙗𝙞 𝙨𝙚𝙧𝙫𝙞𝙡𝙞
4) 𝙡𝙖 𝙘𝙤𝙣𝙘𝙤𝙧𝙙𝙖𝙣𝙯𝙖 𝙙𝙚𝙞 𝙩𝙚𝙢𝙥𝙞 (𝙘𝙤𝙣𝙨𝙚𝙘𝙪𝙩𝙞𝙤 𝙩𝙚𝙢𝙥𝙤𝙧𝙪𝙢)

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Claudia Lopes
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Didattica della lingua italiana come Lingua straniera/L2
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Michelangelo Merisi detto il Caravaggio

L’arte italiana creò, nei secoli, un linguaggio universale e omogeneo che ispirò artisti, pittori e scultori di tutto il mondo. In alcuni periodi della storia dell’arte mondiale, l’Italia fu il paese artisticamente più all’avanguardia d’Europa sfornando geni come Leonardo Da Vinci, Michelangelo, Tiziano, Raffaello e tanti altri.


Oggi vorrei parlarvi, in particolare, di un pittore che ha sempre esercitato un gran fascino su di me: Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, uno dei più inquieti, celebri e appassionanti pittori italiani di tutti i tempi, l’emblema dell’artista moderno del suo tempo.

Per tanti anni si è creduto, prima del ritrovamento dell’atto di battesimo, che Michelangelo Merisi fosse nato nel paese bergamasco di Caravaggio, nel 1571 (i suoi genitori, Fermo Merisi e Lucia Aratori, erano di Caravaggio). In realtà, nel Liber Baptizatorum della Parrocchia di Santo Stefano in Brolo emerge che Caravaggio nacque a Milano, probabilmente il 29 settembre (giorno di San Michele Angelo, di cui forse il nome Michelangelo).

In passato, la sua vita fu spesso narrata in chiave romanzesca: venivano esaltati il successo, le risse, l’invidia dei colleghi, l’omicidio, la maestria artistica, la fuga in tanti luoghi diversi per evitare l’arresto, l’inevitabile condanna a morte. Alla fine, il tanto atteso provvedimento di clemenza, cioè la grazia concessagli poco prima della sua morte, avvenuta in circostanze misteriose su di una spiaggia di Porto Ercole, in Toscana, il 18 luglio 1610.

Angelica e Medoro – Simone Peterzano (1619)

Non ci volle molte perché la sua genialità e il suo stile stravolgessero tutto il processo di formazione che ebbe nella bottega del Simone: Caravaggio iniziò subito a rappresentare nei suoi dipinti la realtà come si presentava davanti ai suoi occhi, come se i suoi pennelli fungessero da lenti di una macchina fotografica.

Nelle sue prime opere come Il Ragazzo con la canestra di Frutta, I Bari e Buona Ventura (elencate più avanti) la realtà e le diverse sfumature del carattere umano si manifestano come scene di vita quotidiana che si svolgono davanti ai nostri occhi, come se fossero dei veri e propri scatti della realtà. Spesso i modelli che posavano per Caravaggio venivano prelevati dalla strada, e cioè, persone comune e non professionisti. I soggetti erano illuminati da una fonte di luce intensa, probabilmente un lume sospeso, appeso al soffitto da una corda, tecnica che creava il famoso effetto chiaroscuro forte (potente e drammatico), presenza perenne nei suoi dipinti.

Un’altra caratteristica innovatrice comune nei dipinti di Caravaggio è che i soggetti si trovano rappresentati in dimensione reale e in modo completamente naturale. Tra l’altro, le scene sono narrate in primo piano, garantendo il massimo coinvolgimento emozionale dello spettatore che diventa parte dello spazio virtuale del dipinto. Infatti, Caravaggio usò ampiamente queste tecniche pittoriche nei quadri dipinti su commissione per la Chiesa.

Affinché possiate capire alcuni degli aspetti teorici dell’opera di Caravaggio, trattati in questo post, vi propongo un elenco con alcuni dei suoi dipinti più famosi, a seconda dell’anno in cui sono venuti alla luce e dove si trovano attualmente (le immagini e alcuni dati sono stati prelevati da Wikipedia):

Ragazzo che monda un frutto
Ragazzo che monda un frutto – 1592

Ragazzo che monda un frutto, olio su tela, 75,5 × 64,4 cm, 1592. Opera perduta, note attraverso copie, una delle quale si trova alla Fondazione Roberto Longhi a Firenze. Secondo gli specialisti in materia, potrebbe essere la prima opera di Caravaggio.

Bacchino malato
Bacchino Malato – 1593/94

Bacchino malato, olio su tela, 67 × 53 cm, 1593/94. L’opera si trova alla Galleria Borghese, Roma (Italia).

Fanciullo con canestro di frutta
Fanciullo con canestro di frutta – 1593/94

Fanciullo con canestro di frutta, olio su tela, 70 × 67 cm. L’opera si trova alla Galleria Borghese, Roma (Italia). †

Buona Ventura – 1593/94

Buona Ventura, olio su tela, 115 × 150 cm, 1593/94. L’opera di trova alla Pinacoteca Capitolina, Roma.

I Bari
I Bari – 1594

I Bari, olio su tela, 94 × 131 cm, 1594. L’opera si trova al Kimbell Art Museum, Fort Worth (EUA).

San Francesco d'Assisi in estasi
San Francesco d’Assisi in estasi – 1594/95

San Francesco d’Assisi, olio su tela, 92,5 × 128,4 cm, 1594/95. L’opera si trova a Wadsworth Athneum, Hartford (EUA).

Suonatore di Liuto
Suonatore di liuto – 1595/96

Suonatore di Liuto, olio su tela, 100 × 126,5 cm, 1595/96. L’opera si trova al Metropolitan Museum of Art, New York (EUA).

Bacco
Bacco – 1596/97

Bacco, olio su tela, 95 × 85 cm, 1596/97. L’opera si trova alla Galleria degli Uffizi, Firenze (Italia).

Conversione di San Paolo
Conversione di San Paolo – 1596/97

Conversione di San Paolo, olio su tela, 230 x 175 cm, 1596/97. L’opera si trova alla Basilica di Santa Maria del Popolo, Roma.

Incredulità di San Tommaso
Incredulità di San Tommaso – 1602

Incredulità di San Tommaso, olio su tela, 107 × 146 cm, 1602. L’opera si trova al Palazzo di Sanssouci, Potsdam, Germania.

Deposizione di Cristo
Deposizione di Cristo – tra il 1602 e il 1604

Deposizione di Cristo, olio su tela, 300 × 203 cm, 1602/04. L’opera si trova alla Pinacoteca Vaticana, Roma.

CaravaggioEmmaus.jpg
Cena in Emmaus – 1606

Cena in Emmaus, olio su tela, 141 × 175 cm. L’opera si trova alla Pinacoteca di Brera.

Martyrdom of Saint Ursula by Caravaggio - Palazzo Zevallos.jpg
Martirio di Sant’Orsola – 1610

Martirio di Sant’Orsola, ultima opera di Caravaggio, olio su tela, 106 x 179,5 cm, 1610. L’opera si trova Galleria di Palazzo Zevallos, Napoli.

Ovviamente, ci sono tante altre opere di Caravaggio che non sono state contemplate in questo post. Se volete, cliccate su Opere di Caravaggio su Wikipedia per conoscere tutte le sue opere.

Spero che il post vi sia piaciuto! Non ho avuto l’intenzione di essere esauriente, per cui se volete approfondire l’argomento, cercatelo su Internet oppure andate a curiosare qualche libro di storia dell’arte del 500 nella biblioteca della vostra città.

Arrivederci e buono studio!

Claudia Valeria Lopes

Bibliografia:

  • CASTELLOTTI, Marco Bona, Dimensione Arte, Electa Scuola, 2014.
  • PAPA, Rodolfo, Caravaggio, Giunti, 2002.
  • Wikipedia – immagini dei quadri.

 

La punteggiatura della lingua italiana – una visione generale

Ciao a tutti!

Nei nostri ultimi due post, abbiamo parlato del punto fermo e della virgola. In questo nuovo post, daremo una visione generale della punteggiatura della lingua italiana, ossia del sistema di segni che serve a riprodurre graficamente, nella lingua scritta, le pause, le interruzioni, gli stati d’animo tipici della lingua parlata. Tuttavia l’uso della punteggiatura varia molto da una lingua all’altra è viene definito dall’insieme di regole della lingua stessa.

Leggete il seguente testo:

Una volta in inverno inoltrato mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume una regina cuciva seduta accanto a una finestra dalla cornice d’ebano e mentre cuciva e alzava gli occhi per guardare la neve si punse un dito e tre gocce di sangue caddero nella neve il rosso era così bello su quel candore che ella pensò fra sé avessi un bambino bianco come la neve rosso come il sangue e nero come il legno della finestra.

(brano tratto dal libro infantile Biancaneve)

Siete riusciti a capire ciò che avete letto? La lettura vi è sembrata faticosa o scorrevole? Adesso rileggete lo stesso brano con tutti i segni di punteggiatura e di interruzioni inseriti al loro posto:

Una volta, in inverno inoltrato, mentre i fiocchi di neve cadevano dal cielo come piume, una regina cuciva seduta accanto a una finestra dalla cornice d’ebano. E, mentre cuciva e alzava gli occhi per guardare la neve, si punse un dito e tre gocce di sangue caddero nella neve. Il rosso era così bello su quel candore, che ella pensò fra sé: “Avessi un bambino bianco come la neve, rosso come il sangue e nero come il legno della finestra!.”

Una Biancaneve incantevole nel cosplay di Saya: la principessa Disney nella  vita vera

Sicuramente avete letto il secondo brano in un modo molto più scorrevole riguardo al primo, non è vero? Questo perché la punteggiatura l’ha reso leggibile e comprensibile.

Purtroppo, con l’avvento dell’internet, il nostro modo di comunicare è cambiato tantissimo. La comunicazione è diventata più veloce, immediata, informale e diretta. Anche la punteggiatura che vediamo tutti i giorni nei social, nelle chat, nei messaggi e così via è molto diversa da quella usata nella lingua scritta: il punto e virgola è scomparso insieme alla virgola! Dall’altra parte, abbiamo visto il proliferarsi delle faccine, dei puntini di sospensione e dei punti interrogativi ed esclamativi, che servono a dare tono (e colori) ai nostri pensieri e stato d’animo.

Nella lingua italiana, i segni di punteggiatura sono:

il punto ( )
la virgola ( )
il punto e virgola ( )
i due punti ( )
il punto esclamativo ( )
il punto interrogativo ( )
i puntini di sospensione (  )
le virgolette ( «» o o )
la barra obliqua ( )
le parentesi (( ))
le lineette ()

Adesso facciamo un piccolo esercizio? Nelle seguenti frasi inserite la virgola dove è necessario:

a) La zia di Carlo che abita a Roma è una professoressa di storia.
b) Preferite un caffè un tè o un succo?
c) Ho telefonato a Giulio e con molto tatto gli ho detto ciò che era successo.
d) Dato che non mi ascolti me ne vado.
e) Marta come ben sai è una brava pianista.
g) Francesco si alzò all’improvviso si diresse verso il portone l’aprì e se n’andò senza dire una parola.

le-soluzioni-dell-esercizio-sulla-virgola

Per oggi può bastare, nei prossimi post studieremo altri segni di punteggiatura della lingua italiana. Fatemi sapere com’è andato l’esercizio, va bene?

Arrivederci e buono studio!

Claudia Valeria Lopes

Se il post vi è piaciuto, fatecelo sapere nei commenti!

Bibliografia:

  1. Cetroni M.R. et aliiGrammaticando. Cercola (Napoli), Loffredo Editore, 1997.
  2. SABATINI, Francesco, La comunicazione e gli usi della lingua. Bologna, Loescher editore, 1995.
  3. DARDANO, Maurizio e TRIFONE, Pietro. Parole e Frasi. Bologna, Zanichelli Editore Spa, 1985.
  4. SERIANI, Luca. Grammatica italiana. Torino, Utet Editore, 1991.
  5. Dizionario Garzanti, De Mauro e Lo Zingarelli della lingua italiana.

La punteggiatura della lingua italiana – la virgola

Ciao a tutti!

Nel nostro nuovo post, dedicato alla punteggiatura della lingua italiana, tratteremo più da vicino alcuni usi di uno dei segni di interruzioni più utilizzati in assoluto: la virgola.

La virgola indica un intervallo breve della voce durante la lettura e viene usata nei seguenti casi:

a) per dividere le parole, gli elementi di un elenco, di una numerazione:

Maria, Carla e Fatima sono grandi amiche; Vorrei un caffè, un bicchiere di acqua naturale e un dolcetto al limone.

Maria, Carla e Fatima sono grandi amiche. 

b) Per isolare un vocativo (che esprime richiamo, invocazione):

Forza, ragazzi, finite di mettere a posto la stanzetta!; Bambini, ora di andare a letto!

c) Per isolare apposizioni, incisi:

Patrizia Rossi, la nuova sindaca, è molto apprezzata; Farò, forse, una gita in montagna domani.

Inciso (do latim incisus, “cortado”) – parola o frase inserita in un contesto dal quale è sintatticamente indipendente.

d) Per sapere se due proposizioni sono coordinate, evitando, così, l’uso della congiunzione “e”:

Maria tornò a casa, si sedette sul divano.

e) Per separare una proposizione da un’altra introdotta dalle congiunzioni ma, però, invece, tuttavia, sebbene, benché, poiché, mentre, dal momento che, ecc.:

L’amava, tuttavia non l’ha sposata; gli ho raccontato tutto, sebbene non fossi molto convinta. 

f) Dopo alcuni avverbi (, no, bene, ecc.):

, ti chiamerò più tardi; no, non l’ho visto ieri; bene, adesso vado via. 

Non usate MAI la virgola nei seguenti casi:
  1. tra il soggetto il verbo (predicato) non si scrive: Carla, è trise (corretto – Carla è triste).
  2. tra il verbo e il primo complemento oggetto non si scrive: Mangia, un panino, un dolcetto, beve una spremuta (corretto – Mangia un panino, un dolcetto, beve una spremuta).
  3. prima di e,, o non si scrive: compra il latte, e il caffè (corretto – compra il latte e il caffè); non voglio né guardare la TV, né ascoltare la musica (corretto – non voglio né guardare la TV né ascoltare la musica); compra questo libro, o l’altro (corretto – compra questo libro o l’altro).

Arrivederci e buono studio!

Claudia Valeria Lopes

Se il post vi è piaciuto, fatecelo sapere nei commenti!

Bibliografia:

  1. Cetroni M.R. et aliiGrammaticando. Cercola (Napoli), Loffredo Editore, 1997.
  2. SABATINI, Francesco, La comunicazione e gli usi della lingua. Bologna, Loescher editore, 1995.
  3. DARDANO, Maurizio e TRIFONE, Pietro. Parole e Frasi. Bologna, Zanichelli Editore Spa, 1985.
  4. SERIANI, Luca. Grammatica italiana. Torino, Utet Editore, 1991.
  5. Dizionario Garzanti, De Mauro e Lo Zingarelli della lingua italiana.

La punteggiatura della lingua italiana – il punto fermo

Ciao a tutti!

Nel nostro post di oggi, dedicato alla punteggiatura della lingua italiana, studieremo il punto fermo  conosciuto semplicemente come punto -, un segno di interruzione che corrisponde a una pausa lunga e forte.

Nonostante ci siano delle norme fondamentali ben precise, che andrebbero rispettate, l’uso della punteggiatura nella lingua italiana è molto soggettivo: la punteggiatura, in altre parole, fa parte dello stile personale di scrittura.

Il punto fermo è usato:

a) Per concludere una frase di senso compiuto o un periodo:

Ho sete.
Berrò un bel bicchiere di aranciata.
Domani andrò a Caserta a trovare degli amici.

Se tra due frasi o un gruppo di frasi c’è uno stacco molto lungo o se l’argomento è ormai concluso, si va a capo, cioè  al principio: sicuramente avete già sentito l’espressione “punto e daccapo/da capo“. In futuro, se volete, possiamo parlare della punteggiatura applicata alla composizione di testi.

F.S. o nel gergo antico FF.SS.

b) Nelle abbreviazioni e nelle sigle:

prof. = professore; dott. = dottore; avv. = avvocato; ing. = ingegnere; ecc. = eccetera; cfr. = confronta; pag. = pagina; vol. = volume; cap. = capitolo; sec. = secolo; a.C. = avanti Cristo; d.C = dopo Cristo; G.U. = Gazzetta Ufficiale; F.S. o nel gergo antico FF.SS. = Ferrovie delle Stato; B.O.T. = Buoni Ordinari del Tesoro; C.O.N.I. = Comitato Olimpico Nazionale Italiano.

Con il passare degli anni, però, una sigla finisce per diventare di uso comune e si tende, soprattutto nella scrittura giornalistica, ad omettere il punto: BOT, CONI.

Un BOT è un titolo zero-coupon, ovvero un titolo senza cedola, di durata inferiore o uguale ai 12 mesi, emesso dal Governo italiano allo scopo di finanziarne il debito pubblico.

Alcune espressioni e modi di dire con il vocabolo “punto”:

a) essere un punto interrogativo: essere incerto, imprevedibile, detto di una situazione, un avvenimento futuro o altro che non consentono di fare previsioni attendibili.

b) di punto in bianco: improvvisamente, senza preavviso, in maniera del tutto inaspettata.

c) essere in punto e virgola: essere esageratamente ricercati, formali, osservare in modo pignolo le regole dell’etichetta. Anche nel senso di essere affettati o artificiosi, oppure perfezionisti al massimo.

d) fare il punto: stabilire con esattezza i termini di una situazione, individuarne gli aspetti fondamentali o analizzarla alla luce di nuovi elementi o evoluzioni, per capire in che fase o condizione si trova. Variante: fare il punto della situazione.

e) punto e basta! – esclamazione usata per metter fine a una discussione e simili, imponendo con forza la propria opinione.

f) vincere ai punti: vincere a stento, con un minimo vantaggio sull’avversario.

Arrivederci e buono studio!

Claudia Valeria Lopes

Se il post vi è piaciuto, fatecelo sapere nei commenti!

Bibliografia:

  1. Cetroni M.R. et aliiGrammaticando. Cercola (Napoli), Loffredo Editore, 1997.
  2. SABATINI, Francesco, La comunicazione e gli usi della lingua. Bologna, Loescher editore, 1995.
  3. DARDANO, Maurizio e TRIFONE, Pietro. Parole e Frasi. Bologna, Zanichelli Editore Spa, 1985.
  4. SERIANI, Luca. Grammatica italiana. Torino, Utet Editore, 1991.
  5. Dizionario Garzanti, De Mauro e Lo Zingarelli della lingua italiana.

Come si festeggia il Nuovo Anno in alcuni Paesi?

Paesi che vai usanze che trovi! Avete sicuramente sentito questo proverbio italiano, magari esiste uno simile nella vostra lingua madre


Vi siete mai chiesti come si festeggia l’arrivo del Nuovo Anno in altri Paesi? Quali sarebbero le loro tradizioni? La data è sempre la stessa? Cosa mangiano? L’articolo che leggerete adesso è la traduzione, fatta da me, di un testo in lingua tedesca facente parte del libro “Deutsch in der Schweiz”. In realtà, sono piccole interviste con i nativi di alcuni Paesi.

Fuochi D'Artificio, Celebrazione, Astratto, Arte
  • In Colombia la gente celebra l’arrivo del nuovo anno in un modo molto particolare: verso la fine di dicembre, carta, stracci e vecchi vestiti vengono trasformati in una grande bambola, di seguito, messa seduta su una sedia fuori casa per alcuni giorni. Piccoli fogli di carta (testamentos) sono appesi accanto alla bambola, sui quali scriviamo gli avvenimenti negativi dell’anno vecchio e gli auguri per quello nuovo. C’è festa ovunque il 31 dicembre; balliamo tra di noi e anche con la bambola! Poco prima di mezzanotte, la bambola viene data alle fiamme, così si crea un bel falò e si brucia anche l’anno vecchio.  (L. Ponce, 28 anni)
  • In Sri Lanka la festa di Capodanno si chiama Nava-Varsha e si svolge in primavera, secondo il calendario occidentale. Festeggiamo questo giorno con la famiglia e mangiamo una specialità a base di riso, zucchero, latte di cocco e noci. Questo cibo è dolce come la vita!  Dopo cena, andiamo al tempio a pregare e ad augurarci un Felice Anno Nuovo. Nel giorno di Capodanno indossiamo vestiti nuovi, poiché è così che dimostriamo di essere pronti per qualsiasi nuovo avvenimento. (V. Nadarasa, 24 anni).
  • In Spagna, a Capodanno, c’è una tradizione molto interessante: quando le campane suonano 12 volte a mezzanotte, mettiamo un’uva in bocca ogni qualvolta la campana suona, così auguriamo cose buone per il nuovo anno. Tuttavia, in ben poco tempo, abbiamo la bocca piena di uva e non riusciamo a più parlare. C’è sempre molto di cui ridere. (J. Martinez, 21 anni)
  • Per noi, musulmani in Marocco, il nuovo anno inizia il primo di Muharram. Questo è il primo giorno del calendario lunare islamico. Un anno lunare è circa 11 giorni più corto di un anno solare. E così il capodanno islamico viene festeggiato in una data diversa rispetto a quello cristiano.  Ad esempio, nel 1999 dC abbiamo celebrato il capodanno il 17 aprile e nel 2000 dC 11 giorni prima, il 6 aprile. In questa data iniziò per noi l’anno 1421. Il capodanno non è una grande festa per noi, a dire il vero, non abbiamo una grande festa a cavallo dell’anno. I bambini ricevono dei dolci il 1° di Muharram e in questo giorno si possono ascoltare storie sull’Hejra, il volo di Maometto dalla Mecca a Medina. (A. El Arja, 39 anni)
  • In Italia, il 31 dicembre, indossiamo sempre la biancheria intima rossa. Questa è una tradizione in molte regioni d’Italia, perché siamo convinti che la biancheria intima rossa porti fortuna nel nuovo anno – e fa bene all’amore! Festeggiamo il capodanno con gli amici. C’è un proverbio che dice: “Natale con i tuoi, capo d’anno con chi vuoi”. Di solito, sono con i miei amici a Capodanno, mangiamo insieme e guardiamo la TV; a mezzanotte brindiamo con lo spumante e ci auguriamo il meglio per il nuovo anno. La maggior parte delle volte telefoniamo ai nostri genitori e auguriamo loro buona fortuna per il nuovo anno. (L. Crivelli, 21 anni)
  • Quest’anno non sono stato in Kosovo a Capodanno, l’ho festeggiato in Svizzera. Mio padre ha comprato dei petardi e tre videocassette appositamente per questa festa. I nastri erano in albanese con tanti canti e balli. Il 31 dicembre sono venuti a casa nostra il nostro prozio e molti parenti. Abbiamo guardato i video insieme prima di cena, a base di formaggio, pasta e carne. A mezzanotte siamo usciti tutti fuori, abbiamo fatto esplodere i petardi e ci siamo augurarci un felice anno nuovo. (M. Elshani,19 anni)
  • Il capodanno è molto importante in Giappone, è una festa di famiglia. In questa occasione, abbiamo tre giorni liberi. L’ultimo giorno dell’anno puliamo tutte le stanze, solo quando tutto è veramente pulito siamo aperti e pronti per l’energia vitale del nuovo anno. Il 31 dicembre le donne cucinano principalmente Toshi koshi soba, un tipo di tagliatelle lunghe, così come lo è la vita. A mezzanotte le grandi campane del tempio suonano 108 volte: 8 volte nel vecchio anno e 100 volte nel nuovo anno. Il 1° gennaio riceviamo sempre tante cartoline di auguri. Il 2 e il 3 gennaio abbiamo tempo anche per le visite. Il capodanno in Giappone è molto bello. (S. Nakano, 36 anni)
(Immagine Web)
  • Cuba puliamo accuratamente l’appartamento il 31 dicembre, dopo di che prepariamo il cibo: riso e fagioli con maiale fritto, radici di yucca e insalata di pomodori. Mangiamo abbastanza tardi, intorno alle 23:00. È tardi, ma non vogliamo iniziare il nuovo anno affamati. A mezzanotte, cioè esattamente 00:01, molte persone versano un secchio d’acqua per strada, dicono che porti fortuna, così tutto il male dell’anno vecchio viene lavato via.  (D. Castro, 45 anni)

Spero che il post vi sia piaciuto. Se volete, fateci sapere nei come festeggiate, normalmente, l’arrivo del nuovo anno nei vostri Paesi.

Vi auguro un bellissimo e sereno 2023, con tanta salute, prima di tutto! Che possiate realizzare tutti i vostri progetti!

Claudia V. Lopes

La leggenda delle palline di Natale

Ciao a tutti!

Siccome siamo alle porte delle feste natalizie, ho deciso di portare alla luce alcune leggende legate a questo periodo così magico e carico di sentimenti.

Quindi, oggi vi propongo “La leggenda delle palline di Natale”. Perché addobbiamo i nostri alberi con delle palline colorate? Conoscete altre leggende su questo tema?

A Betlemme c’era un artista di strada molto povero che non aveva nemmeno un dono per il Bambino Gesù. “Tutti portano qualcosa al piccolo Gesù ed io invece non ho proprio niente!.. Forse sarebbe meglio non andarci” pensava e questo pensiero lo faceva sentire molto triste. “Cos’hai?” gli chiese un giorno un pastore vedendolo così triste. Allora il povero artista gli confidò il suo problema… “Ti sbagli amico mio” disse il pastore “non è vero che non hai niente, tu hai il tuo talento … Va’ da Gesù, mostragli i tuoi giochi e vedrai che lo renderai felice.” Rincuorato dalle parole del pastore, l’artista si fece coraggio e andò da Gesù e fece ciò che sapeva fare meglio, il giocoliere, e lo fece ridere. Questo sarebbe il motivo per cui, ogni anno, sull’albero di Natale appendiamo delle palline colorate, per ricordarci delle risate di Gesù Bambino.

Arrivederci e buon Natale!

Claudia Lopes

Se il post vi è piaciuto, fatecelo sapere nei commenti!

Magari o forse?

Ciao a tutti!

Pochi giorni fa, su un forum di lingua italiana, ho letto una domanda di uno studente che chiedeva chiarimenti sugli usi di magari e forse, e mi sono subito ricordata che anch’io, all’inizio dei miei studi d’italiano, avevo tanti dubbi nel momento di usarli. Mi capitava spesso di usare l’uno al posto dell’altro, anche se, a volte, potevo usare sia l’uno sia l’altro. Pertanto ho fatto una piccola ricerca su due dizionari italiani, nient’altro, solo per cercare di capirli meglio, cosicché io sia in grado di aiutarvi. Quindi fate attenzione agli esempi:

Magari [dal gr. makárie, vocativo di makários ‘felice, beato’]

a) Esclamazione – viene usata da sola nelle risposte o anteposta per rinforzare una frase ottativa (che esprime un augurio) con il verbo al congiuntivo; esprime auspicio, desiderio o rimpianto per qualcuno o qualcosa:

– Allora, andiamo domani al cinema?
Magari! (Magari potessi venire!), ma devo studiare per l’esame di storia che si terrà lunedì mattina.

– Ti piacerebbe venire in Brasile con me il mese prossimo?
Magari!/Magari potessi venire con te!

 – Quindi lui ti manca così tanto?
– Tantissimo. Magari lo potessi rivedere.

– Magari fossi ricca!,; Magari potessi prendermi un anno di vacanza!

b) Avverbio

Piuttosto, perfino, addirittura; introduce una frase che ha preferenza rispetto a un’altra frase, introdotta generalmente da “ma” (coordinata avversativa):

– Che cosa farai dei libri del tuo ex?
Magari li butterò nella spazzatura, ma non glieli restituirò!

– Adesso come farai a vivere?
Magari vado a chiedere l’elemosina, ma a lei i soldi non li chiederò.

Anche se, con valore concessivo:

– Ci compreremo una casa nuova, magari (anche se) a rate.

Forse, probabilmente, con valore frasale:

– Perché Claudio non ti ha rivolto la parola alla festa?
– Che ne so! Magari (forse) si è offeso.

– Quando ci sentiamo?
Magari (forse) ti chiamo domani mattina.

Oss.: Avete notato che ho messo tra parentesi “forse”, perché, in realtà, se io dico “magari ti chiamo”, le possibilità che io lo faccia sono ridotte rispetto a “forse ti chiamo”. Lo stesso vale per “forse si è offeso” e “magari si è offeso”.

Eventualmente, semmai: 

– Veniamo da te il prossimo fine settimana, va bene?
Magari chiamatemi prima di venire.

Forse [dal lat. rsit, comp. di rs ‘sorte’ e t ‘sia’]

a) Probabilmente, chissà, può darsi (esprime incertezza), si contrappone a certamente, sicuramente:

– Scusami se non ti ho dato retta ieri sera, forse (magari) avevi ragione.

Il suo significato si proietta sull’intera frase, anche quando è posposto a essa:

– Sai dov’è Carlo?
– Lui è a Parigi, forse.

b) Indica eventualità:

– Partirai sabato prossimo?
Forse.

c) Seguito da un numerale equivale a circa, pressappoco:

– Quante persone hai invitato al tuo compleanno?
Forse ne ho invitate 40; ho invitato 40 persone.

– Quanti libri hai comprato ieri?
Forse una decina.

Adesso facciamo il punto della situazione. Prima di tutto, ci tengo a dirvi che, a mio vedere – e considerando che ormai sono quasi venticinque anni che mi dedico agli studi d’italiano -, impariamo a usare forse e magari, soprattutto, vivendo in Italia, leggendo molto e parlando con gli italiani e in italiano. Sono vocaboli “emotivi” e “intuitivi”, poiché siamo noi, come abbiamo visto dagli esempi, che stabiliamo e sappiamo se saremmo in grado di fare una determina cosa, quali probabilità abbiamo, se siamo, appunto, nella sfera del forse o del magari.

Arrivederci e buono studio!

 Claudia V. Lopes

Se il post vi piace, fatecelo sapere nei commenti!

 

Bibliografia di base:

  1. Cetroni M.R. et aliiGrammaticando. Cercola (Napoli), Loffredo Editore, 1997.
  2. SABATINI, Francesco, La comunicazione e gli usi della lingua. Bologna, Loescher editore, 1995.
  3. DARDANO, Maurizio e TRIFONE, Pietro. Parole e Frasi. Bologna, Zanichelli Editore Spa, 1985.
  4. SERIANI, Luca. Grammatica italiana. Torino, Utet Editore, 1991.
  5. Dizionario Garzanti, De Mauro e Lo Zingarelli della lingua italiana.

Il modo condizionale

Ciao a tutti!

Oggi parleremo del condizionale, uno dei modi dei modi finiti del verbo – spesso considerato in relazione con il congiuntivo – usato, soprattutto, per presentare un fatto come una possibilità, che può verificarsi a condizione che se ne verifichi un altro:

Verrei a casa tua oggi, se non dovessi lavorare.
(Io non posso venire oggi a casa tua perché devo lavorare.)

Il condizionale ha due tempi: uno semplice (presente) e uno composto (passato)

A) Si usa per esprimere una possibilità condizionata:

Se avessi fame, mangerei.  (presente)
Se avessi avuto fame, avrei mangiato. (passato – coniugato con gli ausiliari ESSERE e AVERE al condizionale presente + participio passato dei verbi principali)

B) Un dubbio riferito al presente, al futuro o al passato:

Che potrei (avrei potuto) fare?

C) Un desiderio riferito al presente o al passato:

Mangerei (avrei mangiato) volentieri un bel piatto di spaghetti.

D) Una richiesta cortese:

– Mi potresti aiutare?

E) Una notizia non data per certa:

Napoleone sarebbe stato avvelenato.

La congiunzione SE deve essere seguita, IN GENERE, dal congiuntivo e non dal condizionale: Rimarrei se potessi e MAI … se potrei! Ma di questo parleremo nel prossimo post.
Condizionale del verbo mangiare
Mangiare
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io mangerei

 tu mangeresti

 lui/lei/Lei mangerebbe

 noi mangeremmo

 voi mangereste

loro/Loro mangerebbero

 io avrei

tu avresti

lui/lei/Lei avrebbe

noi avremmo

voi avreste

loro/Loro avrebbero

mangiato
Condizionale del verbo credere 
Credere
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io crederei

 tu crederesti

 lui/lei/Lei crederebbe

 noi crederemmo

 voi credereste

 loro/Loro crederebbero

 io avrei

tu avresti

lui/lei/Lei avrebbe

noi avremmo

voi avreste

loro/Loro avrebbero

creduto
Condizionale del verbo partire
Partire
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io partirei

 tu partiresti

lui/lei/Lei partirebbe

 noi partiremmo

 voi partireste

 loro/Loro partirebbero

 io sarei

tu saresti

lui/lei/Lei sarebbe

partito/a
 noi saremmo

voi sareste

loro/Loro sarebbero

partiti/e
Condizionale del verbo essere
Essere
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io sarei

 tu saresti

lui/lei/Lei sarebbe

 noi saremmo

 voi sareste

 loro/Loro sarebbero

 io sarei

tu saresti

lui/lei/Lei sarebbe

stato/a
 noi saremmo

voi sareste

loro/Loro sarebbero

stati/e
Condizionale del vero avere
Avere
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io avrei

 tu avresti

lui/lei/Lei avrebbe

 noi avremmo

 voi avreste

 loro/Loro avrebbero

 io avrei

tu avresti

lui/lei/Lei avrebbe

noi avremmo

voi avreste

loro/Loro avrebbero

avuto

Arrivederci e buono studio!

Claudia Valeria Lopes

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Bibliografia:

  1. Cetroni M.R. et aliiGrammaticando. Cercola (Napoli), Loffredo Editore, 1997.
  2. SABATINI, Francesco, La comunicazione e gli usi della lingua. Bologna, Loescher editore, 1995.
  3. DARDANO, Maurizio e TRIFONE, Pietro. Parole e Frasi. Bologna, Zanichelli Editore Spa, 1985.
  4. SERIANI, Luca. Grammatica italiana. Torino, Utet Editore, 1991.
  5. Dizionario Garzanti, De Mauro e Lo Zingarelli della lingua italiana.