Come si festeggia il Nuovo Anno in alcuni Paesi?

Paesi che vai usanze che trovi! Avete sicuramente sentito questo proverbio italiano, magari esiste uno simile nella vostra lingua madre


Vi siete mai chiesti come si festeggia l’arrivo del Nuovo Anno in altri Paesi? Quali sarebbero le loro tradizioni? La data è sempre la stessa? Cosa mangiano? L’articolo che leggerete adesso è la traduzione, fatta da me, di un testo in lingua tedesca facente parte del libro “Deutsch in der Schweiz”. In realtà, sono piccole interviste con i nativi di alcuni Paesi.

Fuochi D'Artificio, Celebrazione, Astratto, Arte
  • In Colombia la gente celebra l’arrivo del nuovo anno in un modo molto particolare: verso la fine di dicembre, carta, stracci e vecchi vestiti vengono trasformati in una grande bambola, di seguito, messa seduta su una sedia fuori casa per alcuni giorni. Piccoli fogli di carta (testamentos) sono appesi accanto alla bambola, sui quali scriviamo gli avvenimenti negativi dell’anno vecchio e gli auguri per quello nuovo. C’è festa ovunque il 31 dicembre; balliamo tra di noi e anche con la bambola! Poco prima di mezzanotte, la bambola viene data alle fiamme, così si crea un bel falò e si brucia anche l’anno vecchio.  (L. Ponce, 28 anni)
  • In Sri Lanka la festa di Capodanno si chiama Nava-Varsha e si svolge in primavera, secondo il calendario occidentale. Festeggiamo questo giorno con la famiglia e mangiamo una specialità a base di riso, zucchero, latte di cocco e noci. Questo cibo è dolce come la vita!  Dopo cena, andiamo al tempio a pregare e ad augurarci un Felice Anno Nuovo. Nel giorno di Capodanno indossiamo vestiti nuovi, poiché è così che dimostriamo di essere pronti per qualsiasi nuovo avvenimento. (V. Nadarasa, 24 anni).
  • In Spagna, a Capodanno, c’è una tradizione molto interessante: quando le campane suonano 12 volte a mezzanotte, mettiamo un’uva in bocca ogni qualvolta la campana suona, così auguriamo cose buone per il nuovo anno. Tuttavia, in ben poco tempo, abbiamo la bocca piena di uva e non riusciamo a più parlare. C’è sempre molto di cui ridere. (J. Martinez, 21 anni)
  • Per noi, musulmani in Marocco, il nuovo anno inizia il primo di Muharram. Questo è il primo giorno del calendario lunare islamico. Un anno lunare è circa 11 giorni più corto di un anno solare. E così il capodanno islamico viene festeggiato in una data diversa rispetto a quello cristiano.  Ad esempio, nel 1999 dC abbiamo celebrato il capodanno il 17 aprile e nel 2000 dC 11 giorni prima, il 6 aprile. In questa data iniziò per noi l’anno 1421. Il capodanno non è una grande festa per noi, a dire il vero, non abbiamo una grande festa a cavallo dell’anno. I bambini ricevono dei dolci il 1° di Muharram e in questo giorno si possono ascoltare storie sull’Hejra, il volo di Maometto dalla Mecca a Medina. (A. El Arja, 39 anni)
  • In Italia, il 31 dicembre, indossiamo sempre la biancheria intima rossa. Questa è una tradizione in molte regioni d’Italia, perché siamo convinti che la biancheria intima rossa porti fortuna nel nuovo anno – e fa bene all’amore! Festeggiamo il capodanno con gli amici. C’è un proverbio che dice: “Natale con i tuoi, capo d’anno con chi vuoi”. Di solito, sono con i miei amici a Capodanno, mangiamo insieme e guardiamo la TV; a mezzanotte brindiamo con lo spumante e ci auguriamo il meglio per il nuovo anno. La maggior parte delle volte telefoniamo ai nostri genitori e auguriamo loro buona fortuna per il nuovo anno. (L. Crivelli, 21 anni)
  • Quest’anno non sono stato in Kosovo a Capodanno, l’ho festeggiato in Svizzera. Mio padre ha comprato dei petardi e tre videocassette appositamente per questa festa. I nastri erano in albanese con tanti canti e balli. Il 31 dicembre sono venuti a casa nostra il nostro prozio e molti parenti. Abbiamo guardato i video insieme prima di cena, a base di formaggio, pasta e carne. A mezzanotte siamo usciti tutti fuori, abbiamo fatto esplodere i petardi e ci siamo augurarci un felice anno nuovo. (M. Elshani,19 anni)
  • Il capodanno è molto importante in Giappone, è una festa di famiglia. In questa occasione, abbiamo tre giorni liberi. L’ultimo giorno dell’anno puliamo tutte le stanze, solo quando tutto è veramente pulito siamo aperti e pronti per l’energia vitale del nuovo anno. Il 31 dicembre le donne cucinano principalmente Toshi koshi soba, un tipo di tagliatelle lunghe, così come lo è la vita. A mezzanotte le grandi campane del tempio suonano 108 volte: 8 volte nel vecchio anno e 100 volte nel nuovo anno. Il 1° gennaio riceviamo sempre tante cartoline di auguri. Il 2 e il 3 gennaio abbiamo tempo anche per le visite. Il capodanno in Giappone è molto bello. (S. Nakano, 36 anni)
(Immagine Web)
  • Cuba puliamo accuratamente l’appartamento il 31 dicembre, dopo di che prepariamo il cibo: riso e fagioli con maiale fritto, radici di yucca e insalata di pomodori. Mangiamo abbastanza tardi, intorno alle 23:00. È tardi, ma non vogliamo iniziare il nuovo anno affamati. A mezzanotte, cioè esattamente 00:01, molte persone versano un secchio d’acqua per strada, dicono che porti fortuna, così tutto il male dell’anno vecchio viene lavato via.  (D. Castro, 45 anni)

Spero che il post vi sia piaciuto. Se volete, fateci sapere nei come festeggiate, normalmente, l’arrivo del nuovo anno nei vostri Paesi.

Vi auguro un bellissimo e sereno 2023, con tanta salute, prima di tutto! Che possiate realizzare tutti i vostri progetti!

Claudia V. Lopes

La leggenda delle palline di Natale

Ciao a tutti!

Siccome siamo alle porte delle feste natalizie, ho deciso di portare alla luce alcune leggende legate a questo periodo così magico e carico di sentimenti.

Quindi, oggi vi propongo “La leggenda delle palline di Natale”. Perché addobbiamo i nostri alberi con delle palline colorate? Conoscete altre leggende su questo tema?

A Betlemme c’era un artista di strada molto povero che non aveva nemmeno un dono per il Bambino Gesù. “Tutti portano qualcosa al piccolo Gesù ed io invece non ho proprio niente!.. Forse sarebbe meglio non andarci” pensava e questo pensiero lo faceva sentire molto triste. “Cos’hai?” gli chiese un giorno un pastore vedendolo così triste. Allora il povero artista gli confidò il suo problema… “Ti sbagli amico mio” disse il pastore “non è vero che non hai niente, tu hai il tuo talento … Va’ da Gesù, mostragli i tuoi giochi e vedrai che lo renderai felice.” Rincuorato dalle parole del pastore, l’artista si fece coraggio e andò da Gesù e fece ciò che sapeva fare meglio, il giocoliere, e lo fece ridere. Questo sarebbe il motivo per cui, ogni anno, sull’albero di Natale appendiamo delle palline colorate, per ricordarci delle risate di Gesù Bambino.

Arrivederci e buon Natale!

Claudia Lopes

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Magari o forse?

Ciao a tutti!

Pochi giorni fa, su un forum di lingua italiana, ho letto una domanda di uno studente che chiedeva chiarimenti sugli usi di magari e forse, e mi sono subito ricordata che anch’io, all’inizio dei miei studi d’italiano, avevo tanti dubbi nel momento di usarli. Mi capitava spesso di usare l’uno al posto dell’altro, anche se, a volte, potevo usare sia l’uno sia l’altro. Pertanto ho fatto una piccola ricerca su due dizionari italiani, nient’altro, solo per cercare di capirli meglio, cosicché io sia in grado di aiutarvi. Quindi fate attenzione agli esempi:

Magari [dal gr. makárie, vocativo di makários ‘felice, beato’]

a) Esclamazione – viene usata da sola nelle risposte o anteposta per rinforzare una frase ottativa (che esprime un augurio) con il verbo al congiuntivo; esprime auspicio, desiderio o rimpianto per qualcuno o qualcosa:

– Allora, andiamo domani al cinema?
Magari! (Magari potessi venire!), ma devo studiare per l’esame di storia che si terrà lunedì mattina.

– Ti piacerebbe venire in Brasile con me il mese prossimo?
Magari!/Magari potessi venire con te!

 – Quindi lui ti manca così tanto?
– Tantissimo. Magari lo potessi rivedere.

– Magari fossi ricca!,; Magari potessi prendermi un anno di vacanza!

b) Avverbio

Piuttosto, perfino, addirittura; introduce una frase che ha preferenza rispetto a un’altra frase, introdotta generalmente da “ma” (coordinata avversativa):

– Che cosa farai dei libri del tuo ex?
Magari li butterò nella spazzatura, ma non glieli restituirò!

– Adesso come farai a vivere?
Magari vado a chiedere l’elemosina, ma a lei i soldi non li chiederò.

Anche se, con valore concessivo:

– Ci compreremo una casa nuova, magari (anche se) a rate.

Forse, probabilmente, con valore frasale:

– Perché Claudio non ti ha rivolto la parola alla festa?
– Che ne so! Magari (forse) si è offeso.

– Quando ci sentiamo?
Magari (forse) ti chiamo domani mattina.

Oss.: Avete notato che ho messo tra parentesi “forse”, perché, in realtà, se io dico “magari ti chiamo”, le possibilità che io lo faccia sono ridotte rispetto a “forse ti chiamo”. Lo stesso vale per “forse si è offeso” e “magari si è offeso”.

Eventualmente, semmai: 

– Veniamo da te il prossimo fine settimana, va bene?
Magari chiamatemi prima di venire.

Forse [dal lat. rsit, comp. di rs ‘sorte’ e t ‘sia’]

a) Probabilmente, chissà, può darsi (esprime incertezza), si contrappone a certamente, sicuramente:

– Scusami se non ti ho dato retta ieri sera, forse (magari) avevi ragione.

Il suo significato si proietta sull’intera frase, anche quando è posposto a essa:

– Sai dov’è Carlo?
– Lui è a Parigi, forse.

b) Indica eventualità:

– Partirai sabato prossimo?
Forse.

c) Seguito da un numerale equivale a circa, pressappoco:

– Quante persone hai invitato al tuo compleanno?
Forse ne ho invitate 40; ho invitato 40 persone.

– Quanti libri hai comprato ieri?
Forse una decina.

Adesso facciamo il punto della situazione. Prima di tutto, ci tengo a dirvi che, a mio vedere – e considerando che ormai sono quasi venticinque anni che mi dedico agli studi d’italiano -, impariamo a usare forse e magari, soprattutto, vivendo in Italia, leggendo molto e parlando con gli italiani e in italiano. Sono vocaboli “emotivi” e “intuitivi”, poiché siamo noi, come abbiamo visto dagli esempi, che stabiliamo e sappiamo se saremmo in grado di fare una determina cosa, quali probabilità abbiamo, se siamo, appunto, nella sfera del forse o del magari.

Arrivederci e buono studio!

 Claudia V. Lopes

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Bibliografia di base:

  1. Cetroni M.R. et aliiGrammaticando. Cercola (Napoli), Loffredo Editore, 1997.
  2. SABATINI, Francesco, La comunicazione e gli usi della lingua. Bologna, Loescher editore, 1995.
  3. DARDANO, Maurizio e TRIFONE, Pietro. Parole e Frasi. Bologna, Zanichelli Editore Spa, 1985.
  4. SERIANI, Luca. Grammatica italiana. Torino, Utet Editore, 1991.
  5. Dizionario Garzanti, De Mauro e Lo Zingarelli della lingua italiana.

Il modo condizionale

Ciao a tutti!

Oggi parleremo del condizionale, uno dei modi dei modi finiti del verbo – spesso considerato in relazione con il congiuntivo – usato, soprattutto, per presentare un fatto come una possibilità, che può verificarsi a condizione che se ne verifichi un altro:

Verrei a casa tua oggi, se non dovessi lavorare.
(Io non posso venire oggi a casa tua perché devo lavorare.)

Il condizionale ha due tempi: uno semplice (presente) e uno composto (passato)

A) Si usa per esprimere una possibilità condizionata:

Se avessi fame, mangerei.  (presente)
Se avessi avuto fame, avrei mangiato. (passato – coniugato con gli ausiliari ESSERE e AVERE al condizionale presente + participio passato dei verbi principali)

B) Un dubbio riferito al presente, al futuro o al passato:

Che potrei (avrei potuto) fare?

C) Un desiderio riferito al presente o al passato:

Mangerei (avrei mangiato) volentieri un bel piatto di spaghetti.

D) Una richiesta cortese:

– Mi potresti aiutare?

E) Una notizia non data per certa:

Napoleone sarebbe stato avvelenato.

La congiunzione SE deve essere seguita, IN GENERE, dal congiuntivo e non dal condizionale: Rimarrei se potessi e MAI … se potrei! Ma di questo parleremo nel prossimo post.
Condizionale del verbo mangiare
Mangiare
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io mangerei

 tu mangeresti

 lui/lei/Lei mangerebbe

 noi mangeremmo

 voi mangereste

loro/Loro mangerebbero

 io avrei

tu avresti

lui/lei/Lei avrebbe

noi avremmo

voi avreste

loro/Loro avrebbero

mangiato
Condizionale del verbo credere 
Credere
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io crederei

 tu crederesti

 lui/lei/Lei crederebbe

 noi crederemmo

 voi credereste

 loro/Loro crederebbero

 io avrei

tu avresti

lui/lei/Lei avrebbe

noi avremmo

voi avreste

loro/Loro avrebbero

creduto
Condizionale del verbo partire
Partire
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io partirei

 tu partiresti

lui/lei/Lei partirebbe

 noi partiremmo

 voi partireste

 loro/Loro partirebbero

 io sarei

tu saresti

lui/lei/Lei sarebbe

partito/a
 noi saremmo

voi sareste

loro/Loro sarebbero

partiti/e
Condizionale del verbo essere
Essere
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io sarei

 tu saresti

lui/lei/Lei sarebbe

 noi saremmo

 voi sareste

 loro/Loro sarebbero

 io sarei

tu saresti

lui/lei/Lei sarebbe

stato/a
 noi saremmo

voi sareste

loro/Loro sarebbero

stati/e
Condizionale del vero avere
Avere
Condizionale Presente Condizionale Passato
 io avrei

 tu avresti

lui/lei/Lei avrebbe

 noi avremmo

 voi avreste

 loro/Loro avrebbero

 io avrei

tu avresti

lui/lei/Lei avrebbe

noi avremmo

voi avreste

loro/Loro avrebbero

avuto

Arrivederci e buono studio!

Claudia Valeria Lopes

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Bibliografia:

  1. Cetroni M.R. et aliiGrammaticando. Cercola (Napoli), Loffredo Editore, 1997.
  2. SABATINI, Francesco, La comunicazione e gli usi della lingua. Bologna, Loescher editore, 1995.
  3. DARDANO, Maurizio e TRIFONE, Pietro. Parole e Frasi. Bologna, Zanichelli Editore Spa, 1985.
  4. SERIANI, Luca. Grammatica italiana. Torino, Utet Editore, 1991.
  5. Dizionario Garzanti, De Mauro e Lo Zingarelli della lingua italiana.

Che cosa hai capito? Non ho capito un cavolo!

 

Ciao a tutti!

Il post di oggi tratta di alcuni elementi ed espressioni che servono a intensificare il nostro grado d’intendimento rispetto a quello che ci è stato detto o riferito. Naturalmente, tutti gli studenti di lingua italiana sanno il significato del verbo capire e la sua rispettiva traduzione nelle loro lingue materne (nel mio caso, il portoghese). Tuttavia, spesso vogliamo dare enfasi o intensità nel dire che non abbiamo capito una determinata cosa (in portoghese: não entendi … nada/patavina!). Allora come lo direste in italiano?  Ho scelto per voi alcune espressioni molto usate in Italia (che ho tradotto in portoghese), cosicché possiate, d’ora in poi, arricchire il vostro vocabolario e dare più colori ai vostri sentimenti. Se ne conoscete altre, scrivetele nei commenti!

Possiamo anche dire:

Non ho capito una parola di quello che hai detto. Não entendi uma palavra do que você disse/não entendi patavinas!
Non ho capito molto bene. Não entendi muito bem.
Non ho capito un cavolo. Não entendi droga (merda, porra) nenhuma.
Non ho capito un cappero.

Tutti i tipi di cavolo: ricette sfiziose e consigli per cucinarli al meglio

(tanti tipi di cavoli)

Naturalmente ogni singolo vocabolo ha un significato diverso al di fuori di questo contesto:

mazza – (s.f.) grosso bastone, randello (pt. cabo, bastão); (gerg.) pene, anche nel senso figurato per indicare nulla, niente in espressioni del tipo: non capisco una mazza.

acca – (s.f.) nome della lettera alfabetica h (pt. agá); (fig.) niente, poiché la lettera h non rappresenta alcun suono;

cacchio – (s.m) germoglio infruttifero di un albero coltivato, specialmente della vite, che viene solitamente eliminato per favorire la fruttificazione; (fam.) termine usato per non dire cazzo;

accidente – (s.m.) ciò che accade, combinazione, caso (pt. acidente); (fam.) adoperata in varie locuzioni sviluppa valori espressivi, rafforzativi o spregiativi: corre come un accidente; non capire un accidente;

cavolo – (s.m) ortaggio tondeggiante con foglie grandi, coltivato per uso alimentare (pt. couve-flor, brócolis, etc.); (fam.) utilizzato per dire cazzo: non capisco dove cavolo ho messo quel libro; anche in senso rafforzativo spregiativo in espressioni negative: non mi interessa un cavolo di quello che hai appena detto;

cappero – (s.m) bocciolo che si conserva in salamoia, sotto sale ecc. e si usa per condimento (pt. alcaparras); la pianta che produce questo fiore, sempreverde con foglie tonde e carnose.

Tuttavia, esistono altri modi di esprimere lo stesso sentimento con forme … diciamo … più volgari, ma che sono ampiamente usati dagli italiani a prescindere dal loro livello sociale. Il vocabolo più usato è …cazzo…, la cui denotazione primaria è membro virilepene, ma che nella bocca della gente prende le più diverse sfumature. Nella lingua portoghese può essere tradotto come merdaporracaralho, bosta, ecc. e il meno volgare droga. In senso figurato cazzo comparisce frequentemente:

– in molte locuzioni con il significato di cosa di nessuna importanza o di niente:

Non ha voluto capire un cazzo! Não quis entender merda/porra/droga nenhuma!/caralho nenhum!
Non voglio sapere un cazzo di te! Não quero saber merda/porra/droga nenhuma de você/de ti!
Non m’importa un cazzo delle sue chiacchiere! Não quero saber merda/porra/droga nenhuma das fofocas dela!/caralho nenhum!
Io per lui non conto un cazzo! Não valho merda/porra/droga nenhuma para ele!
Oggi non ho combinato un cazzo! Hoje não fiz merda/porra/droga nenhuma!/caralho nenhum!

– per rafforzare le domande:

Ma che cazzo dici? Mas que merda/porra/droga você está dizendo/ (PT)tu estás a dizer?
Ragazzi, che cazzo fate? Meninos, que merda/porra/droga vocês estão fazendo/ (PT) estão a fazer?
Dove cazzo vai? Aonde você vai/ (PT) tu vais?????

– in espressioni ironicamente affermative, sostituisce o rafforza la negazione:

Col cazzo che ci torno! Não volto lá merda/porra/droga nenhuma!/caralho nenhum!
Manco per il cazzo salgo sulla montagna russa! Nem que me paguem subo na montanha russa!

– per sottolineare che si tratta di cosa o affermazione scontata o banale:

Grazie al cazzo ce l’ho fatta!  Graças ao caralho consegui!
Testa di cazzo. (persona sciocca, stupida) Cabeça de merda/de parafuso.

– per esprimere in modo rafforzativo una certa mancanza di valore, interesse, in espressioni del tipo:

Un libro/un filme/uno spettacolo del cazzo. Um livro/filme/espetáculo de merda/de bosta.
Il politico ha fatto un discorso del cazzo. O político fez um discurso de merda/de bosta.
Perché hai fatto tutto a cazzo? Por que você fez/ (PT)tu fizeste tudo de qualquer jeito?/uma coisa de merda/nas chochas?

– in espressioni di meraviglia, impazienza, rabbia, ira, disappunto. Per eufemismo sostituisce spesso cavolo, caspita, capperi e sim:

Cavolo! Merda, porra, caralho, bosta, caraca!
Caspita!
Capperi!

Claudia V. Lopes

Arrivederci e buono studio!

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Si scrive famigliare o familiare?

Ciao ragazzi!

Oggi parleremo di un dubbio che può capitare sia agli stranieri sia agli italiani: si scrive famigliare o familiare?. La forma più comune nella lingua italiana è “FAMILIARE” senza la G. L’aggettivo, infatti, deriva dal latino familiaris [derivato da familia «famiglia»].

La forma famigliare , come avrete notato, è più fedele al vocabolo italiano famiglia, però è meno comune. Quindi, entrambe le forme sono attestate nei dizionari, con lo stesso significato, anche se la forma meno comune rimanda a quella più utilizzata, cioè familiare.

Photo by Pixabay

E come si scrivono i vocaboli derivati da familiare? Familiarizzare o famigliarizzare, familiarità o famigliarità? Fate riferimento alla regola principale che abbiamo appena imparato prima. Anche se entrambe sono corrette, vi consiglio di utilizzare le forme più comuni: familiarizzare e familiarità.

Arrivederci e buono studio!

Claudia V. Lopes

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Scena di vita quotidiana – All’aeroporto

Ciao a tutti!

Nel nostro post precedente abbiamo visto che cosa dobbiamo fare se ci troviamo al bar, come ci rivolgiamo al barista o alla cassiera, che cosa possiamo chiedere. Oggi impareremo dei vocaboli e dei termini che usiamo quando dobbiamo viaggiare in aereo, come la carta d’imbarco, il passaporto, ecc. Siete pronti alla partenza?

All’aeroporto

Anna – Buongiorno. Ho prenotato due posti per Parigi presso questa compagnia.
Impiegato – Buongiorno. I biglietti, per cortesia.
Anna – Li ho prenotati su Internet tre giorni fa, ma non li ho ancora stampati.
Impiegato – Ha i numeri della prenotazione?
Anna – Sì, L5W4NW.
Impiegato – Un momento. Sì, l’ho trovato sul sistema, adesso glieli stampo. Ecco fatto, buon viaggio!

Nel frattempo…

Anna – Ecco il tuo biglietto, adesso dobbiamo andare a pesare i nostri bagagli al check-in e finalmente imbarcarli.
Francesca – Grazie. Manca più di un’ora e mezza al nostro volo. Che ne dici se andiamo a fare un giro per i negozi, vorrei comprare un profumo e un paio di occhiali da sole nuovi.
Anna – Ma scherzi? Abbiamo le valigie piene zeppe e tu ancora hai intenzione di comprare altre cose? Chissà come torneremo da Parigi…
Francesca – Ma dai! Sono soltanto due cosettine che non pesano poi così tanto…, andiamo prima di fare il check-in.

parigi

Al check-in mezz’ora dopo
 
Impiegato – I biglietti e i passaporti, prego.
Anna – Ecco il mio passaporto e il mio biglietto, questi sono della mia amica Francesca.
Impiegato – Per cortesia, poggiate i vostri bagagli sulla bilancia.
Francesca – Anche le nostre borse?
Impiegato – No, la borsa è considerata bagaglio a mano.
Anna – Speriamo che le nostre valigie non siano sovrappeso, ahahah.
Francesco – Sovrappeso saremo noi dopo una settimana in suolo francese!
Anna – Ma smettila!
Impiegato – Ecco i vostri passaporti e le carte d’imbarco. Buon viaggio e divertitevi a Parigi.
Anna – Grazie mille, ci divertiremo!

Termini utili:
 

italiano portoghese inglese
cancello portão, porta gate
controllo passaporto controle (controlo – PT) de passaportes passport control
dogana alfândega customs
porta d’imbarco portão/porta de embarque boarding gate
sala d’attesa sala de espera waiting room
voli internazionali voos internacionais international flights
voli nazionali voos domésticos domestic flights
arrivi chegadas arrivals
partenze partidas departures
biglietteria bilheteria ticket office
collegamenti aerei conexões aéreas flight connections
ritiro bagagli retirada de bagagem baggage reclaim
parcheggi per brevi permanenze estacionamento de curta duração Short stay car park

Arrivederci e buon viaggio!

Claudia V. Lopes

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Orecchio o orecchia?

Se studi la lingua italiani da qualche tempo, avrai già sentito (o letto) che ora si dice orecchia ora si dice orecchio, ma quali delle due forme sarebbe quella corretta?

In italiano, queste due forme, provenienti dal latino auriculam, sono considerate corrette. Anche se ci sono delle piccole sfumature, non c’è alcuna differenza per quanto riguarda il significato tra le coppie orecchio / orecchia, orecchi / orecchie.

Nell’antichità, il singolare orecchia (regolare sviluppo del vocabolo latino auriculam) fu percepito, in realtà, come plurale: le orecchia. Dal plurale orecchia è nato il singolare orecchio, sul modello di uovouova, labbrolabbra e così via. Col passare del tempo, è nato anche il plurale maschile orecchi. Quindi, non vi spaventate se trovate il plurale irregolare “le orecchia” su qualche testo letterario datato.

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Diciamo che il vocabolo maschile orecchio è la forma più diffusa quando si vuole indicare l’organo dell’udito (orecchio interno, medio):

  • Non sento molto bene dall’orecchio sinistro.

Usato anche in senso figurato:

  • Sofia è bravissima, riesce a suonare il pianoforte d’orecchio.

Il vocabolo singolare femminile orecchia è meno diffuso, anche se viene spesso adoperato per indicare sporgenze:

  • Non vedi che stai rovinando i tuoi libri? Ad ogni pagina troviamo un’orecchia.
  • Ti piace l’orecchia di elefante (chiamata anche “cotoletta alla milanese”)?

Quando ci riferiamo a entrambe le orecchie di un individuo, usiamo piuttosto il vocabolo femminile plurale orecchie:

  • Vado a mettermi il cappellino, mi si stanno gelando le orecchie.

Già il maschile plurale orecchi è meno comune e viene usato per indicare gli organi considerati singolarmente:

  • In questa stanza ho contato 10 orecchi.

Arrivederci e buono studio!

Claudia V. Lopes

Gli italiani visti dall’Europa e viceversa: le mappe degli stereotipi

La verità è che viviamo in un mondo in cui tutti dicono di accettare le differenze, ma quello che facciamo spesso è solo tollerare chi (o cosa) non segue gli standard stabiliti dalla società in cui siamo inseriti.


Da qualche anno circola in rete una serie di mappe, soprattutto sul Facebook che, in un primo momento, ci fanno ridere ma, in effetti, non hanno niente di divertente. Chi non ha mai avuto pregiudizi verso alcune persone o addirittura nazioni, creando dei veri e propri stereotipi? Potrei dire che tutti noi. La verità è che viviamo in un mondo in cui tutti dicono di accettare le differenze, ma quello che facciamo spesso è solo tollerare chi (o cosa) non segue gli standard stabiliti dalla società in cui siamo inseriti. Il più delle volte, creiamo per noi stessi e per gli altri stereotipi che si tramandano di generazione in generazione, che danno a noi e agli altri un profilo e un’immagine che traducono indirettamente ciò che siamo per davvero.

Nel 2010 il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo molto interessante, scritto dal giornalista Francesco Tortara, sull’artista bulgaro Yanko Tsvetkov, che ha mappato i “luoghi comuni” radicati nel Vecchio Continente, da tempo immemorabile, raccontando come i cittadini appartenenti alle diverse Nazioni che fanno parte dell’Unione Europea si vedono a vicenda. Il suo tentativo si è trasformato ben presto in un grande successo in rete: oltre un miliardo di utenti hanno potuto ammirare la serie di mappe chiamata Mapping stereotypes.

Come gli italiani vedono l’Europa? In effetti, una delle prime mappe è dedicata a questo tema. Il modo in cui gli italiani vedono i loro vicini non è uno dei migliori e tanto meno gratificante: dai vicini francesi, gli italiani apprezzavano e conoscevano, a quel tempo, la premiere dame Carla Bruni”; dalla Spagna riconoscono l’affinità culturale con l’Italia, poiché il paese iberico è indicato come la terra dai dialetti italiani; il Portogallo, a sua volta, è ammirato per la sua consanguineità con il Brasile. Contutto, gli stereotipi si intensificano (o peggiorano) man mano che ci spostiamo verso est: l’Ungheria, ad esempio, è il Paese delle pornostar; la Romania, quello dei ladri; la Bulgaria, quello delle baby-sitter, mentre i Paesi dell’ex Jugoslavia sono terre inesplorate e sconosciute. La Russia è conosciuta, praticamente, per il gigante Gazprom, da cui lo Stato Italiano acquista l’energia destinata al riscaldamento nel periodo invernale. L’Ucraina è il paese delle donne con le trecce; la Polonia, da parte sua, rimarrà per sempre il Paese del Papa. Per quanto riguarda le nazioni più a nord dell’Europa, l’Inghilterra è il Paese dello stadio di Wembley, il Belgio, grazie alla sua capitale, Bruxelles, la terra dell’Unione Europea e i Paesi Bassi la nazione in cui la marjuana è libera.  

L’Europa per gli italiani

E la Svizzera? Come non potrebbe essere altrimenti, è vista come il paese degli orologi a cucù e della cioccolata, mentre i tedeschi sono i clock addcts, cioè nevrotici per precisione o dipendenti dagli orologi. La Svezia è la terra della Volvo; la Finlandia, della Nokia; la Danimarca, il territorio dei Vichinghi; e, infine, la Turchia, vista come il Paese delle danzatrici del ventre.

Però, lo stereotipo più eclatante è la divisione “apparente” dell’Italia, dove il nord è indicato come Repubblica italiana, mentre parte del centro e del sud sono definiti come Etiopia e la Sicilia come Somalia.

E come l’Italia è vista dai suoi vicini e dagli Stati Uniti? La situazione non migliora più di tanto se guardiamo le altre mappe e riflettiamo sugli stereotipi che gli Stati Uniti ed Europa usano per definire l’Italia e gli italiani. Indiscutibilmente, per gli americani (e non solo), l’Italia è sinonimo di mafia e padrini; basta pensare al film epico Il padrino, di Francis Ford Coppola, con le bellissime interpretazioni di Marlon Brando e Al Pacino. Per i francesi gli italiani sono i cugini chiassosi e rumorosi; per i tedeschi è la terra della pizza e dei musei; per i bulgari è la terra degli spaghetti. L’Inghilterra si unisce al resto del continente, definendo l’Italia come l’Impero Federale e diabolico d’Europa.

L’Europa secondo gli americani

La lista è infinita. In fondo, gli stereotipi con cui viviamo quotidianamente si rinnovano a ogni momento, al punto che, quando ci riferiamo a una determinata Nazione, lo facciamo attraverso uno o più stereotipi consolidati e cristallizzati nel tempo. Il più delle volte, non sappiamo nemmeno perché diciamo, ad esempio, che i russi sono, fino ad oggi, comunisti. Molti non conoscono nemmeno il concetto di comunismo. Tuttavia, come possiamo vedere nella mappa sopraindicata, non solo l’Italia e gli italiani sono vittime di pregiudizi e luoghi comuni. Ad esempio, gli americani vedono i francesi come persone maleodoranti, i russi saranno sempre comunisti, i tedeschi sono cultori della pornografia spinta e così via.   

Le mappe dei pregiudizi – Yanko Tsvetkov

Indiscutibilmente, per gli americani (e non solo), l’Italia è sinonimo di mafia e padrini; basta pensare al film epico Il padrino, di Francis Ford Coppola, con le bellissime interpretazioni di Marlon Brando e Al Pacino.

Europa versus Italia è un video che ha circolato a lungo in rete, creato da Bruno Bozzetto, il quale affronta diverse situazioni tipiche del settore politico e sociale.  È interessante rendersi conto che gli stereotipi, oggetto di ispirazione per la creazione di questo video, nascono da situazioni con cui gli italiani vivono ogni giorno in Italia, considerate, in una certa misura, abbastanza normali. Qui in Svizzera ho sentito spesso degli italiani che si lamentavano, ad esempio, delle code chilometriche che devono fare alla Posta in Italia (ed è vero, ho vissuto per ben 7 anni in Italia), del ritardo dei trasporti pubblici e, chiaramente, della lunga burocrazia, situazioni che non si verificano qui nelle terre elvetiche.

(L’Europa x l’Itaia – Bruno Bozzetto)

Stereotipi a parte, non importa la nostra nazionalità. Credo che siamo tutti soggetti a comportamenti non consoni, soprattutto, quando viviamo o siamo costretti a vivere in terre straniere. Purtroppo anche noi brasiliani – soprattutto le brasiliane – siamo visti “in un certo modo”, e non solo dagli europei. Questi sono i luoghi comuni di cui abbiamo parlato in questo post, la cui unica funzione è quella di creare pregiudizi. L’importante è non dimenticare che siamo tutti – intendo TUTTI – esseri umani che condividono almeno una cosa in comune: viviamo su questo immenso e fragile pianeta chiamato Terra, che ci accoglie indipendentemente dal colore della nostra pelle, dalla lingua o dall’origine. 

(traduzione dal testo in lingua portoghese di mia autoria, pubblicato sul Forum de Língua Italiana/Dicas de Italiano, 2016)

Claudia V. Lopes

Scena di vita quotidiana – Al bar

Ciao ragazzi!

Nel nostro post precedente abbiamo visto che cosa dobbiamo fare se ci troviamo in una stazione ferroviaria e vogliamo comprare un biglietto per andare in un’altra città. Oggi impareremo a chiedere qualcosa da mangiare e da bere al bar, magari per il viaggio stesso. I bar in Italia sono molto frequentati durante tutto il giorno. Al bar possiamo prendere un caffè, un cappuccino, fare colazione, mangiare un panino, prendere un aperitivo, ecc. In realtà il bar per gli italiani è un luogo d’incontro, dove possono leggere tranquillamente il giornale, giocare a carte, trovare gli amici per scambiare quattro parole. Adesso immaginate di trovarvi in un bar, avete tanta fame e voglia di prendere una bevanda fresca, oppure avete soltanto voglia di un bel caffè. Che cosa chiedereste?

Al bar

Barista – Buongiorno, cosa desidera?
Anna – Buongiorno. Per favore, vorrei un cappuccino e un cornetto alla crema.
Barista – Sono 5 euro e 20 centesimi.
Anna – Mi dispiace, ma non ho spiccioli.
Cassiera – Non fa niente. Ecco il resto e lo scontrino.

Cassiere – Buonasera, mi dica.
Anna – Buonasera. Per favore, vorrei un panino con la mozzarella e una spremuta d’arancia.
Cassiere – Da mangiare qui o da portare via?
Anna – Da mangiare qui. Quant’è?
Cassiere – Sono 9 €.

colazione-al-bar

(crediti immagini – WEB)

Barista – Salve, mi dica.
Beatrice– Salve. Per favore, potrei avere un caffè macchiato e un cornetto alla Nutella?
Barista – Mi scusi, ma prima deve fare lo scontrino alla cassa.
Beatrice– Va bene.

Alla cassa
 
Beatrice– Per favore, un caffè macchiato e un cornetto* alla Nutella.
Cassiere – Qualcos’altro?
Beatrice – No, grazie, è tutto.
Cassiere – Sono 2,50 €.

Che cosa possiamo chiedere al bar?

caffè macchiato caldo
caffè macchiato freddo
caffè corretto
caffè corto
caffè lungo
caffè decaffeinato
cappuccino
latte macchiato
succo di frutta
spremuta d’arancia
bevande analcoliche
bevande alcoliche (birra, vino, liquori, cocktail)
acqua naturale, acqua gassata, acqua dal rubinetto
aperitivo

Un cornetto (al sud) /una brioche (al Nord)
ecc.

Claudia Valeria Lopes

Arrivederci e buon caffè!  

Se il post vi è piaciuto, fatecelo sapere nei commenti!