27 gennaio – il Giorno della Memoria

Il giorno della memoria, celebrato il 27 gennaio di ogni anno, è una ricorrenza internazionale indetta per commemorare le vittime dell’Olocausto (Shoah).

Si è deciso di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa degli operai e contadini (in russo Рабоче-крестьянская Красная армия, nome dato alle forze armate russe dopo la disintegrazione delle forze zariste nel 1917), impegnata nell’offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz.

Offensiva Vistola-Oder: “grande offensiva strategica sferrata dall’Armata Rossa a partire dal 12 gennaio 1945, nella fase finale della seconda guerra mondiale sul fronte orientale per superare le difese tedesche apprestate sulla linea della Vistola e del Narew, ed avanzare in modo decisivo nel cuore della Germania.”

Di seguito, vi proponiamo un brano tratto dal libro  Se questo è un uomo, Torino, Einaudi, 2005).

Il viaggio 

Ero stato catturato dalla Milizia fascista il 13 dicembre 1943. Avevo ventiquattro anni, poco senno, nessuna esperienza, e una decisa propensione, favorita dal regime di segregazione a cui da quattro anni le leggi razziali mi avevano ridotto, a vivere in un mio mondo scarsamente reale, popolato da civili fantasmi cartesiani, da sincere amicizie maschili e da amicizie femminili esangui. Coltivavo un moderato e astratto senso di ribellione.

Non mi era stato facile scegliere la via della montagna, e contribuire a mettere in piedi quanto, nella opinione mia e di altri amici di me poco più esperti, avrebbe dovuto diventare una banda partigiana affiliata a «Giustizia e Libertà». Mancavano i contatti le armi, i quattrini e l’esperienza per procurarseli; mancavano gli uomini capaci, ed eravamo invece sommersi da un diluvio di gente squalificata, buona e in mala fede, che arrivava lassù dalla pianura in cerca di una organizzazione inesistente, di quadri, di armi, o anche solo di protezione, di un nascondiglio, di un fuoco, di una paio di scarpe.

A quel tempo, non mi era stata ancora insegnata la dottrina che dovevo più tardi rapidamente imparare in Lager, e secondo la quale primo ufficio dell’uomo è perseguire i propri scopi con mezzi idonei, e chi sbaglia paga; per cui non posso che considerare conforme a giustizia il successivo svolgersi dei fatti. Tre centurie della Milizia, partite in piena notte per sorprendere un’altra banda, di noi ben più potente e pericolosa, annidata nella valle contigua, irruppero in una spettrale alba di neve nel nostro rifugio, e mi condussero a valle come persona sospetta.

Negli interrogatori che seguirono, preferii dichiarare la mia condizione di «cittadino italiano di razza ebraica», poiché ritenevo che non sarei riuscito a giustificare altrimenti la mia presenza in quei luoghi troppo appartati anche per uno «sfollato», e stimavo (a torto, come si vide poi) che l’ammettere la mia attività politica avrebbe comportato torture e morte certa. Come ebreo, venni inviato a Fossoli, presso Modena, dove un vasto campo di internamento, già destinato ai prigionieri di guerra inglesi e americani, andava raccogliendo gli appartenenti alle numerose categorie di persone non gradite al neonato governo fascista repubblicano.

Al momento del mio arrivo, e cioè alla fine del gennaio 1944, gli ebrei italiani nel campo erano centocinquanta circa, ma entro poche settimane il loro numero giunse a oltre seicento. Si trattava per lo più di intere famiglie, catturate dai fascisti o dei nazisti per loro imprudenza, o in seguito a delazione. Alcuni pochi si erano consegnati spontaneamente, o perché ridotti alla disperazione dalla vita randagia, o perché privi di messi, o per non separasi da un congiunto catturato, o anche, assurdamente, per “mettersi in ordine con la legge”. V’erano inoltre un centinaio di militari jugoslavi internati, e alcuni altri stranieri considerati politicamente sospetti.

Se questo è un uomo

(Poesia di Primo Levi)

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Michele Levi (Torino, 31 luglio 1919 – Torino, 11 aprile 1987) è stato uno scrittore, partigiano e chimico italiano, autore di racconti, memorie, poesie e romanzi.

Partigiano antifascista, il 13 dicembre 1943 venne arrestato dai nazifascisti in Valle d’Aosta venendo prima mandato in un campo di raccolta di tutti gli ebrei a Fossoli e nel febbraio dell’anno successivo, deportato nel campo di concentramento di Auschwitz in quanto ebreo. Scampato al lager, tornò avventurosamente in Italia, dove si dedicò con impegno al compito di raccontare le atrocità viste e subite.

Il suo romanzo più famoso, sua opera d’esordio, Se questo è un uomo, che racconta le sue terribili esperienze nel campo di sterminio nazista, è considerato un classico della letteratura mondiale, inserendosi nel filone della memorialistica autobiografica e nel cosiddetto neorealismo.

Il giorno della memoria per non dimenticare la Soah

Claudia Lopes

Pubblicato da Cláudia Valéria Lopes

Cláudia Valéria Lopes è nata a Rio de Janeiro, Brasile. Nel 2001 si è laureata in Lingue straniere (portoghese e italiano) presso l’UFRJ – Universidade Federal do Rio de Janeiro. È traduttrice e insegnante di portoghese e italiano. Ha vissuto in Italia per sette anni, periodo in cui ha potuto approfondire le sue conoscenze della lingua italiana e dare continuità ai suoi studi. Ha lavorato per due anni come lettrice di lingua portoghese (norma brasiliana ed europea) presso l’Università degli Studi di Bari. Dal 2009 vive in Svizzera, dove lavora nel campo dell’e-learning, traduttrice (le sue lingue di lavoro sono: portoghese, italiano, inglese e tedesco) e insegnante di portoghese e italiano. Claudia è fondatrice, amministratrice e redattrice del Blog, della pagina Facebook di Affresco della Lingua Italiana e del canale Youtube. Nel 2021 ha conseguito un master in Didattica della Lingua Italiana come lingua seconda presso l'università E-Campus.

Rispondi

Scopri di più da Affresco della Lingua Italiana

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading